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Wakefield - Nascosto nell'ombra

Regia di Robin Swicord vedi scheda film

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La recensione su Wakefield - Nascosto nell'ombra

di maghella
7 stelle

 

Howard Wakefield è un avvocato di New York. Dopo una giornata di lavoro, torna a casa in treno. Un black out improvviso lo costringe ad un rientro di fortuna, il tempo che trascorre camminando lo fa riflettere sulla sua condizione famigliare, sul fatto che (una volta rincasato) dovrà spiegare alla bella moglie il motivo del suo ritardo e soprattutto del perché non abbia volutamente risposto al telefono. Il malcontento procurato dall'imprevisto disagio lo fa soffermare sulla porta di casa e invece di varcarla decide di entrare nella soffitta sopra il vicino garage per poter prendere un po' di tempo prima dell'inevitabile discussione. La visione della moglie e delle sue due figlie, spiate dalla finestra della soffitta, all'interno del soggiorno, lo convince a non rientrare in casa, almeno per quella notte. Howard passerà in quella soffitta circa un anno. L'esilio volontario, iniziato quasi quasi per gioco per poter vedere le reazioni della sua famiglia, diventa in seguito una prigionia dalla quale non riesce più a liberarsi, trasformandosi così  in un barbone. Il clima primaverile e poi estivo, gli permettono di sopravvivere grazie a veloci fughe notturne nelle quali può rubare dalla spazzature dei propri vicini ciò che gli serve. La solitudine, l'emarginazione e il fatto di poter seguire comunque la vita di moglie e figlie lo fa riflettere su ciò che lo ha portato a eclissarsi da tutto ciò che credeva indispensabile. Il fulcro di ogni pensiero e di ogni azione è la bella moglie della quale Howard è geloso in modo morboso. Attribuisce a lei ogni responsabilità per tutte le discussioni degli ultimi tempi: lei civetta con i vicini, lei non si preoccupa di camminare poco vestita per casa, lei è troppo bella. Howard esaspera la moglie fino al litigio per poi poter far pace consumando un sesso pieno di passione. Un gioco che solo inizialmente vedeva la moglie complice, che però in seguito inizia a rifiutare la “scopata” come unico mezzo per l'equilibrio coniugale. Questo rifiuto rende Howard sospettoso, ma soprattutto insicuro. Una insicurezza che lo porta a questo “nascondino” che non gli permette mai di uscire allo scoperto per poter urlare “liberi tutti”.

Se inizialmente la scomparsa di Howard rende quelli a lui vicino sconcertati, in seguito  la vita continua con i suoi inesorabili ritmi, e lo scomparso nota con una certa stizza che la moglie riesce comunque a cavarsela senza di lui, non solo: pare che riesca a vivere quasi meglio senza di lui.

Howard inizia a comprendere che non è lui che ha abbandonato la sua famiglia, ma è la sua famiglia ad averlo abbandonato. Continuare a spiare la propria casa diventa un'auto analisi, un percorrere ciò che lo ha portato ad essere così geloso, egoista e rancoroso. Non si piace Howard così com'era, ma ama sua moglie sempre di più e pensa che standole comunque vicino possa proteggerla. Passa l'estate, arriva l'autunno, trovare cibo diventa più difficile e anche il freddo diventa un problema. Ma la vera preoccupazione di Howard è vedere la moglie allontanarsi sempre di più da lui, accettare la sua assenza come possibilità definitiva. La mente di Howard comincia a vacillare per i disagi e l'isolamento, allucinazioni, ricordi e realtà si mescolano, donando all'uomo nella soffitta una nuova consapevolezza di sé. I suoi apparenti deliri divengono per lui visioni di immensa lucidità che gli permettono di valutare le proprie decisioni e affrontare le paure. Vedere la moglie ospitare alla vigilia di Natale un suo ex fidanzato, lo incoraggia ad un ritorno nel mondo che aveva abbandonato. Ripulitosi dai panni di barbone, riprende le sembianze che i suoi cari possano riconoscere come marito e padre. Ma chi è in realtà l'uomo che varca (finalmente) la soglia di casa? Lo riconosceranno veramente?

Il titolo del film non è a caso il nome del protagonista, la storia, il modo di raccontarla (una sorta di mokumentary “mentale”, passatemi la definizione) gira tutta intorno a lui. Cosa pensa Howard, cosa vede, cosa mangia, cosa ricorda. Non ci sono dialoghi che durino il tempo necessario di flash back, e comunque anche in quel caso sono commentati dai pensieri di Howard. Forse la pecca maggiore del film è l'inserimento di scene che spezzano il filo dei pensieri del protagonista e quindi la struttura narrativa perde di personalità (e forse di coraggio). Un film che in mano ad un regista (che è poi anche lo sceneggiatore) più audace avrebbe forse regalato qualche emozione in più.

Interessante la presenza di Bryan Cranston, attore abituato a ruoli più “leggeri”, qui è chiamato ad una interpretazione più intensa e profonda in cui deve rendere visibile la propria mutazione fisica e mentale, una sorta di bruco che si trasforma in farfalla, rischiando in qualche occasione di eccedere in espressività. Jennifer Garner è la bella moglie “in vetrina”, muta o silenziosa se si vuole, doveva incarnare la donna della trasformazione, una moderna Beatrice dantesca (paragone molto eccessivo, lo riconosco da me), che porta inconsapevolmente il suo uomo ad una profonda maturazione e consapevolezza. Un film che mi incuriosiva per la tematica e che in parte mi ha soddisfatto. Spariscono ogni giorno migliaia di persone, che apparentemente non hanno nessun motivo per scappare o nascondersi. Quanti di loro scelgono di fuggire da sé stessi? Quanti vedono in un isolamento forzato la possibilità di rinascita, di depurarazione? Il film cerca di rispondere a queste domande e in parte riesce a dare una sua versione. Distaccarsi da ciò che ci circonda ci rende più lucidi nella visione globale, a rischio di apparire (agli occhi di chi ci guarda) degli incomprensibili folli.

 

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