Regia di Frank Darabont vedi scheda film
Ebbene, oggi recensiamo un film oramai celeberrimo, ovvero Le ali della libertà (The Shawshank Redemption), con Tim Robbins e Morgan Freeman, diretto da Frank Darabont (Il miglio verde, The Majestic). Responsabile anche dell’adattamento della novella di Stephen King intitolata Rita Hayworth e la redenzione di Shawshank, appartenente alla collana Stagioni diverse del re del brivido pubblicata per la prima volta nel 1982, da noi edita per la Sperling & Kupfer.
Le ali della libertà è un robustissimo, emozionante film della corposa durata di due ore e ventidue minuti, prodotto dalla Castle Rock Entertainment, distribuito sul mercato statunitense dalla Columbia Pictures e da noi uscito sui grandi schermi il 10 Febbraio del 1995.
Una pellicola immediatamente accolta da notevoli favori del pubblico e lodata immantinente dalla Critica. Tant’è che, a tutt’oggi, alla distanza di circa venticinque anni dal suo esordio, l’aggregatore di medie recensorie metacritic.com gli assegna un notevolissimo 80%.
Fu candidata alla bellezza di sette premi Oscar, fra cui miglior film, miglior regia, migliore attore protagonista (Freeman), migliore sceneggiatura non originale e migliore fotografia, firmata dal grande Roger Deakins, habitué dei fratelli Coen e, recentemente, pregevolissimo cinematographer di Blade Runner 2049 e Sicario di Denis Villeneuve.
Trama...
Siamo nel Maine, corre l’anno 1946. Il timido banchiere Andy Dufresne (Tim Robbins) viene condannato all’ergastolo per essere stato ritenuto il responsabile dell’omicidio di sua moglie e del suo amante.
Viene dunque deportato nel carcere di massima di sicurezza chiamato Shawshank. Qui, dopo gl’inevitabili primi giorni estremamente difficoltosi e terribilmente duri, fa presto conoscenza con un ergastolano di colore, Ellis Boyd Redding, detto semplicemente Red (Morgan Freeman). Condannato all’eterna prigionia per essersi macchiato di crimini piuttosto nefasti durante la sua inesperta, incosciente gioventù.
Grazie alla solidale, sincera, emotivamente empatica amicizia con Red e per merito delle sue superbe competenze in materia fiscale, in virtù delle quali riesce ad accattivarsi la simpatia e i favori del direttore Warden Norton (Bob Gunton), Andy riesce a sopravvivere a Shawshank, nonostante le angherie dei secondini e gli imperterriti bullismi tristemente vessatori degli altri detenuti.
Fra un intrallazzo e l’altro, qualche brillante colpo di genio, grazie alla sua impeccabile condotta e alla sua incorruttibilità moralmente ineccepibile, Andy diviene il beniamino del carcere.
Riesce perfino, per vie traverse, a procurarsi un poster della sua donna dei sogni, la splendida, da lui mitizzata Rita Hayworth.
Ci fermiamo, a questo punto, qui per non sciuparvi la sorpresa del grandioso, commovente finale. Nel caso che, soprattutto voi delle nuovissime generazioni, non aveste mai visto Le ali della libertà.
Che dire?
Le ali della libertà è senz’ombra di dubbio un film dai molti pregi e dall’incontestabile valore che, malgrado la sua lunghissima durata, riesce emotivamente a coinvolgerci dal primo all’ultimo minuto in un crescendo rossiniano, in un’escalation di trovate e colpi di scena stupefacenti ma, checché ne dica l’American Film Institute, il quale l’ha addirittura, sorprendentemente piazzato al quarto posto nella classifica dei migliori cinquecento film di tutti i tempi, resta anche un film decisamente sopravvalutato.
Poiché, a dispetto come detto del suo drammaturgico impianto emotivo assai appassionante e inconfutabilmente, visceralmente magnetico, risente comunque degli inevitabili topos e di quelle immancabili carenze figlie della tradizione hollywoodiana più convenzionale e classica, sì, tanto retoricamente suggestiva, quanto al contempo prevedibile, allineata a canoni narrativi e a stilemi, appunto, estetico-diegetici sin troppo abusati.
Sento dire infatti spesso che Le ali della libertà sia un capolavoro indiscutibile, una pietra miliare intoccabile della cinematografia mondiale.
Be’, siamo sinceri.
Ripeto, Le ali della libertà è un ottimo film ma non esagererei affatto con le magnificazioni del medesimo, agganciate in particolar modo al valore affettivo che questo film ha rappresentato e tuttora esemplifica per voi, piuttosto che alla sua reale, oggettiva levatura.
di Stefano Falotico
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