La recensione su Lady Macbeth

di champagne1

7 stelle

Nell'Inghilterra di quasi due secoli fa, Katherine sposa un uomo per contratto fra le famiglie, come si è fatto in realtà molto spesso fino a 3-4 generazioni fa in tutta Europa.

Peccato che la vita coniugale le riservi solo doveri e impegni, a cui sembra far fatica a sfuggire. Ma la stessa devozione che utilizza per assolvere le richieste del marito e del suocero, la impiegherà per prendersi dalla vita i piaceri a cui ritiene di avere diritto, non importa con che mezzi ...

Se la Lady Macbeth shakespeariana è colei che spinge l'uomo a macchiarsi le mani e la coscienza pur di ottenere ciò che lo farà divenire re, questa Lady Macbeth della campagna inglese in epoca vittoriana rappresenta una giovane che (con le parole del Regista) "combatte per la sua indipendenza e decide il proprio destino, anche attraverso la violenza". Una violenza, c'è da aggiungere, che parte sul piano "caratteriale" con l'inosservanza delle regole imposte dal menage familiare, ma diventa mano mano una sfrontata aggressione all'ordine costituito, fino a evolvere in qualcosa di delittuosamente fisico nel tragico finale.

Oldroyd alla sua prima regia (a quanto se ne sa), mette in scena questa sfrenata voglia di libertà che non è femminismo (anche se è alla fine dell'800 che si avvia a muovere i primi passi il movimento femminista nei Paese Nordici, spaventando tutti i maschi dell'epoca: vedi le opere di Strindberg come riescono a delineare le "nuove" donne).

Infatti, piuttosto assistiamo alla storia di una ricerca intransigente e amoralistica della felicità personale, con una eccezionale Florence Pugh che usa con dovizia di sfumature le espressioni del volto e si cala perfettamente nel suo ruolo di donna tanto forte quanto cinica e crudele.