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Quiz Show

Regia di Robert Redford vedi scheda film

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La recensione su Quiz Show

di bradipo68
8 stelle

L'arte del tarocco nella preistoria della televisione.Redoford parte da una storia vera accaduta in tempi che ora sembrano preistorici e dirige un film politically correct,democrat alla sua maniera ma che non riesce a districare la matassa delle ambiguità.Al contempo dimostra che questa storia è quasi una profezia di quello che oggi accade in diretta televisiva e che negli USA sono sempre decenni avanti a noi,piccola civiltà telecratica letteralmente aggrappata alle labbra della starlette o dello scandalo di turno.La vicenda narrata è quella del quiz televisivo Twenty One un progenitore del nostro Lascia o raddoppia.All'inizio si dice che le domande del quiz sono conservate nel caveau di una banca di Manhattan e ci viene mostrato l'arrivo del prezioso plico allo studio televisivo quasi fosse una reliquia religiosa.Poi,una volta scoperchiato il vaso di Pandora,si scopre che è tutto un trucco.Che i concorrenti sono indottrinati a dovere visto che gli vengono fornite le risposte e istruiti sul come le devono dare,che vengono anche istruiti su quando perdere e che tutto è dominato dallo sponsor e dagli indici di ascolto.Il meccanismo è perfetto ma il granello di sabbia che lo fa saltare è Herbert Stempel che accetta di perdere visto che gli indici di ascolto si sono appiattiti  ma poi non avendo i produttori del programma dato seguito alle loro promesse decide di rivelare tutto a un giovane avvocato del Congresso.E grazie a prove circostanziate tutto verrà scoperto e anche il nuovo concorrente vincente,star in ascesa del panorma televisivo,ultimo esponente di una famiglia di nobili intellettuali confesserà la propria colpa.La sceneggiatura di Paul Attanasio è perfetta,un meccanismo ad orologeria di grande precisione così come è ottima la fotografia e buona la direzione degli attori che sono perfetti nel tipizzare i loro personaggi.Così Turturro abruttito e appesantito è l'unto e sgradevole ebreo Herbert Stampel mentre Ralph Fiennes è il fine intellettuale wasp in crisi di coscienza che tuttavia accetta di far parte del gioco.Il film parla di una storia di 50 anni fa ma è incredibilmente attuale ma Redford è indeciso nel tratteggiare un film di denuncia oppure di restare nell'alveo di un film più soft.E'questa l'ambiguità di fondo che non viene districata:il sogno americano viene praticamente demolitoma si guarda con attenzione all'umanità dei vari personaggi rendendoli di non facile lettura, prevale la filosofia dello show must go on,facendo leva sulla fallacità della memoria popolare.Il pubblico vuole essere nutrito con quello che più gli piace,la bravura del produttore televisivo sta nell'assecondarlo.Comunque è un industria che deve andare avanti con i personaggi inseriti perfettamente nei propri ruoli.E così l'ebreo sgradevole che confessa è poco più di un volgare mentitore,lo sponsor che grazie a questo meccanismo ha guadagnato milioni a palate ne esce pulito,i produttori fuggiti praticamente dimenticati,il concorrente di bell'aspetto,intellettuale che sembra incarnare i valori positivi dell'America  dopo che ha confessato di avere imbrogliato viene addirittura elogiato come esempio di rettitudine morale.Un ipocrisia raggelante.Altro motivo di ambiguità non risolta è il rapporto tra l'avvocato del congresso che scopre tutto e il concorrente intepretato da Fiennes:il primo sembra quasi essere soggiogato dal secondo,dalla sua telegenicità,dalla sua celebrità,probabilmente anche dalla sua famiglia ingombrante.Quasi lo protegge non si sa in nome di che....

Su Robert Redford

regia corretta di stampo molto classico

Su John Turturro

grande prova di nevrotico

Su Ralph Fiennes

un personaggio di ambiguità non risolta

Su Paul Scofield

ottimo

Su Rob Morrow

l'avvocato che si piega ma non si spezza

Su Dick Goodwin

non male in una parte che non permette divagazioni

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