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La morte e la fanciulla

Regia di Roman Polanski vedi scheda film

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La recensione su La morte e la fanciulla

di munnyedwards
8 stelle

 

Cominciamo dal titolo che è bellissimo, un titolo non originale che richiama il famoso quartetto per archi di Schubert (scritto nel 1824) ma anche la pièce teatrale di Ariel Dorfman a cui Polanski si ispira per questo suo ennesimo viaggio nell’angoscia e nel terrore.
Stavolta però il campo di battaglia non è il soprannaturale o il fantastico (Rosemary’s Baby, La nona parte) ma qualcosa di più terreno e umano, un viaggio doloroso nella memoria per riportare a galla gli sfregi della persecuzione (fisici e mentali) assaporando nel contempo il dolce nettare della vendetta.
Il viaggio di Paulina Lorca (una “tirata” Sigouney Weaver) verso il suo passato di vittima, la sua vita spezzata da un nemico invisibile ma crudele, un aguzzino dal volto ambiguo (quello di Ben Kingsley) che improvvisamente ricompare dopo ben quindici anni, per ricevere quello che gli spetta, per confessare e pagare il dovuto.
Ma davvero il Dottor Roberto Miranda è il sadico torturatore e stupratore che durante la dittatura militare (volutamente non ci sono riferimenti temporali precisi) si è reso protagonista di crimini cosi efferati?
La risposta di Polanski sta nel bellissimo finale.

La morte e la fanciulla è un thriller politico che vede in azione solo tre personaggi, come l’opera teatrale da cui è tratto prende forma e si sviluppa in un unico ambiente, l’isolata casa sulla scogliera dove i coniugi Escobar vivono, lontani dal mondo e dall’attivismo politico che ha contraddistinto gran parte della loro vita.
Una lotta fatta in gioventù che continua a essere parte integrante del loro rapporto, perché se oggi Gerardo è un apprezzato avvocato governativo (incaricato di presiedere la commissione che indagherà sui crimini della giunta militare) il merito è tutto di Paulina, che durante i giorni di prigionia non fece mai il suo nome salvandogli di fatto la vita.

 

Ben Kingsley

La morte e la fanciulla (1995): Ben Kingsley

 

Sigourney Weaver, Stuart Wilson, Ben Kingsley

La morte e la fanciulla (1995): Sigourney Weaver, Stuart Wilson, Ben Kingsley

 

L’equilibrio si rompe in una notte di tempesta, Gerardo con l’auto in panne accetta il soccorso provvidenziale del Dott. Miranda che ben disposto l’accompagna a casa, i due si fermano in veranda solo pochi minuti per i ringraziamenti di rito ma questi sono sufficienti a Paulina per riconoscere la voce del suo torturatore.
La violenza, stavolta a parti invertire, esplode di nuovo (sempre sulle note dolci e crudeli di Schubert), perché la vittima di un tempo può finalmente punire il suo carceriere, prendersi la sua vendetta estorcendo al malcapitato una confessione che dia un senso concreto alle passate e mai dimenticate sofferenze, ma l’ospite inatteso si proclama innocente e il cammino verso la verità sarà lungo e tortuoso.

La sceneggiatura scritta a quattro mani dallo stesso Dorfman (e da Rafael Yglesias) si rifà quasi completamente alla piece teatrale, Polanski ci aggiunge il suo tocco d’autore fatto di primi piani ossessivi, fotografie corrosive che scavano nell’animo dei personaggi, un film che nonostante la sua dimensione “ristretta” (da camera) e forse qualche ridondanza di troppo nei dialoghi, rimane dinamico, ricco di tensione e profondamente coinvolgente.
Merito di una storia che tocca temi universali, che non cade mai alla retorica ma che anzi spinge lo spettatore alla riflessione, mantenendo di fondo un’ambiguità malata che secondo me è il suo vero punto di forza.
Grandissimi i tre attori protagonisti, la Weaver con i suoi improvvisi scatti d’ira (in perenne bilico tra ragione e follia), Kingsley sfuggente e misterioso, assolutamente normale nella sua umana crudeltà, Wilson imparziale e sempre indeciso, incapace di schierarsi fino alla fine.
La morte e la fanciulla è uno dei migliori film di Polanski, chissà perchè poco pubblicizzato ma assolutamente da riscoprire.
Voto: 8

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