Regia di Alessandro Aronadio vedi scheda film
Oggetto misterioso era e oggetto misterioso rimane, a visione completata. Ciò che spesso mi spinge a scegliere un film minuscolo piuttosto che a uno decantato, famoso, dicesi "importante", è la curiosità, la speranza di trovare un linguaggio diverso, qualcosa di nuovo, una pepita nel fango. Questo predispone all'errore, alla delusione, ed è questo il caso esemplare di "Orecchie" di tale Alessandro Aronadio. Un tizio, uno sfigato che non si capisce nemmeno come faccia a copulare con una tal fidanzata (Silvia D'Amico), si sveglia un mattino con un fischio a un orecchio. Wow. Da qui, dal fischio, inizia la sua giornata fra due suore che gli suonano alla porta e un prete (Rocco Papaleo, inutile come sempre: tutti i film con Papaleo sono mediocri, era la spia che dovevo interpretare), e nel mezzo, nel suo girovagare senza senso per Roma, tutta un'altra serie di incontri, dove troviamo attori anche importanti come la Vukotic e un po' meno, come Pamela Villoresi. Il nostro eroe (Daniele Parisi, un clone, recitativamente parlando, di Mastandrea), impacciato e triste, si ritrova quindi dentro piccoli sketch, che pretenderebbero pure di strappare un sorriso e invece deprimono. Così si tira a campare fino a una lontanissima ora e mezza, chiusa con il pistolotto morale, in chiesa, con l'onnipresente colonna sonora di un contrabbasso che dopo un quarto d'ora ha già rotto i maroni. E poi perché il bianco e nero? Perché, Cristo santo?! Uno se usa il bianco e nero, lo deve fare a ragion veduta, non accetto che lo si appiccichi tanto per rendere il film "diverso" o "artistico". Ok, Roma è fotografata bene, ne esce bene, ma è davvero l'unica cosa decente del film. Il resto ve lo regalo tutto, orecchie e rose rosse (o bianche e nere) comprese. Ha incassato 90 mila euro, mi sembra già troppo. Alla larga.
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