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Un appuntamento per la sposa

Regia di Rama Burshtein vedi scheda film

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La recensione su Un appuntamento per la sposa

di Spaggy
7 stelle

Michal è israeliana, ha 32 anni, da 12 anni ha abbracciato la vita religiosa e riposto ogni fiducia in Dio, conduce un’esistenza normale e ha un solo grosso problema: non ha trovato marito. L’orologio biologico è implacabile e ben presto le sue possibilità di andare in sposa saranno prossime allo zero. La superstizione la porta a ricercare l’aiuto di una fattucchiera che le tolga il malocchio e in breve tempo arriva il risultato sperato: Gidi è il suo promosso sposo. Se non fosse che a 22 giorni dalle nozze, Gidi cambia idea e rompe il fidanzamento proprio mentre sono intenti a scegliere il menu del ricevimento.

Michal ha allora davanti a sé due opzioni: annullare tutto o celebrare ugualmente le nozze. Del resto, la cerimonia è stata fissata, l’abito da sposa comprato e il servizio catering prenotato. Decide così di sfruttare i 22 giorni a disposizione per cercare l’unica cosa che le manca per il matrimonio: uno straccio di sposo. Per la disperazione della madre che intravede all’orizzonte un’epoca umiliazione, Michal può contare sull’aiuto delle due amiche Faigie, una trentenne cicciotella con tanto di dreadlock in testa, e Ziv, una chirurga le riserverà un colpo basso di non facile digestione, e della sorella Noam, che non è religiosa e che ama perseguitare l’ex marito come la peggiore degli stalker.

Per Michal inizia così un calvario di appuntamenti improbabili. Dall’appuntamento al buio con un incallito piacione a quello con un psicologo non utente e a un papabile candidato, Michal non ha alcuna fortuna. Tutti scappano di fronte alla certezza prossima del matrimonio. A non essere prefissati sono invece gli incontri con Yos, famosissima rockstar di lei invaghito, e Shimi, il figlio della fattucchiera nonché proprietario della location scelta da Michal per l’evento nuziale. Tra loro due, si nasconderà colui che la impalmerà inaspettatamente all’ultimo minuto, quando la catastrofe sembra oramai inevitabile.

Noa Koler

Appuntamento per la sposa (2016): Noa Koler

Rama Burshtein torna a Venezia a pochissimi anni dall’esordio con La sposa promessa, opera in concorso che era valsa la Coppa Volpi alla sua protagonista, cambiando radicalmente genere, contenuti e soprattutto forma. Laddove La sposa promessa era un dramma contorniato da una fotografia eterea e soffusa, Appuntamento per la sposa si presenta come una commedia romantica drammatica dai toni molto colorati e dalle note ultrapop. La commistione di generi e il modo in cui calibra ironia, paradossale e surreale, mostrano come la Burshtein sappia prendere in giro il suo sistema culturale e religioso senza perdere di vista una profonda riflessione sulla società israeliana a lei contemporanea. La religione è la fonte primaria della formazione adulta di Michal, che in bilico tra passato e presente arriva a rimettere in discussione la sua fede in Dio per ben due volte: la prima rivolgendosi alla fattucchiera, la seconda mentre è in pellegrinaggio a Uman, in Ucraina, per far visita alla tomba del rabbino Nachman di Breslov. Ma la religione è anche il motore che la spinge a voler necessariamente le nozze: non tanto per il desiderio di formare una propria famiglia ma quanto per la volontà di affossare il male e far trionfare il bene.

Il matrimonio come obiettivo porta Michal a confrontarsi direttamente sia con le donne che la circondano sia con gli uomini che la “tormentano”. Nel suddividere i due generi, la Burshtein gioca di cattiveria e fa prevalere quello femminile sul maschile tanto che Michal nella vita privata è circondata esclusivamente da donne: non vediamo mai (e non sappiamo nemmeno se ne ha) fratelli, amici e un padre. Conosciamo la madre, le tre coinquiline e l’amica Perle, che affetta da SLA nella sua disabilità e nei suoi silenzi viene elevata al rango di figura “saggia”. Gli unici uomini presenti sono i corteggiatori, il cantante famoso e il proprietario della location delle nozze, oltre all’ex marito di Noam che viene spesso invocato ma mai mostrato. Per grande parte di loro, ci sono tentativi di salvezza ma mai certezze: tutti a loro modo peccatori, vengono riscattati sul finale solo da uno di essi, in grado ancora di vedere “attraverso il muro” dei sentimenti e di ammirare la bellezza di quel nudibranco che è Michal.

Che la regista non si sia spostata molto per tecnica rispetto al film di esordio è evidente ma quello che in lei ha avuto un miglioramento di non poco conto è la capacità di scrittura, in grado di dosare ogni elemento con la stessa sicurezza di uno chef affermato. Alla malinconia sottesa della protagonista fanno efficacemente da controcanto i sorrisi beffardi delle situazioni e delle battute, che in mano ad altri avrebbero finito per stancare o per superare la soglia del ridicolo.

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