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Cane di paglia

Regia di Sam Peckinpah vedi scheda film

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La recensione su Cane di paglia

di ROTOTOM
8 stelle

Splendido titolo, Cane di Paglia. Immobile fantoccio rituale in attesa di bruciare, come brucia la paglia, di un ‘unica violenta fiammata. Peckimpah analizza il rapporto uomo natura come incontro scontro della violenza che caratterizza le rispettive esistenze. Primordiale e brutale quella della natura, costretta e compressa quella dell’uomo che ritorna ad essere essenza pura quando vengono scardinate quelle certezze che compongono il suo universo di urbana civiltà. Così è per David professore di matematica che si trasferisce con la giovane e desiderata moglie Amy in uno sperduto borgo di campagna inglese. Lui è un rigido matematico, lei una calda e irrequieta donna che con la sua presenza sconvolge le vite dei villici intervenuti a riparare una porzione della loro casa. La rigida compostezza e razionalità di David, l’uomo, il diverso seppur appartenente alla stessa specie, viene messa a stretto contatto e a confronto con i rudi e violenti abitanti del posto, uomini dalla natura ferina, il cui nuovo arrivato ha semplicemente invaso il loro territorio e preso una delle loro donne, visto che Amy, inglese, è proprio nativa del posto. E’ proprio l’ambiguo comportamento della moglie, più carnale e perennemente insoddisfatto a creare quella crepa di sospetto e malfiducia che porta la coppia ad allontanarsi quel tanto che basta affinché si possano creare i presupposti per l’irreparabile. La violenza di due degli uomini su Amy è tanto repulsiva quanto desiderata dalla donna stessa che vede in essa un ritorno alle proprie origini e alla propria natura animalesca, il rapporto sessuale violento ricolloca il maschio dominante al controllo e la donna al soggiacere ambiguo della menzogna visto che dell’episodio non farà parola al marito, considerato un debole, solo aggiungerà ancora più disprezzo al loro già minato rapporto. Il simbolismo della violenza uomo/animale è ben riassunta e disseminato lungo tutto il film: la trappola per lupi, micidiale, che David sistema pronta all’uso nel salotto è un inizio di crollo dell’umana razionalità in favore di una più istintiva forma di difesa. Amy ha un comportamento da “gatta”, falso ingenuo nelle provocazioni sessuali ai lavoranti sui tetti che tutto vedono dalle finestre, infido nei continui dispetti al marito più interessato allo studio, istintiva nel ricercare la libertà. David è cane, legato al focolare domestico il quale rappresenta la tana, le certezze dei valori che compongono l’essere umano e che proprio dagli animali lo distinguono. La violenza è presente e strisciante in ogni scena del film, subdola quella degli operai, ingenua quella dello scemo del villaggio non in grado di controllare la propria forza che uccide senza volerlo la figlia di uno dei rozzi villici scatenando la tragedia finale. Violenza verbale tra i coniugi, violenza sociale nella prevaricazione del villaggio sui diversi appena giunti. Violenza che si sovrappone a violenza senza sosta e che provoca il collassamento di tutte le barriere riunendo gli uomini in una sola unica specie animale. L’assedio a casa di David e della moglie chiude il film in un crescendo di tensione che finalmente viene liberata, inevitabilmente, così come era logico che si liberasse fin dalle prime scene. Il professore avendo investito il matto Henry reo di aver ucciso una bambina si rifiuta di consegnarlo alla giustizia sommaria dei villani che prendono d’assedio la casa. Questo fatto, scatena la reazione violentissima quanto glaciale dell’assediato che risponde colpo su colpo sterminando la banda di criminali uno ad uno, difendendo la propria identità a costo di stravolgerla, riavvicinandosi per un momento alla natura selvaggia dell’uomo, l’uomo che sotto le parvenze dell’animale sociale cova un disagio e una violenza pronta a deflagrare e a bruciare come un cane di paglia. Lo sfondamento delle finestre, delle porte della lunga sequenza dell'assedio intendono il progressivo crollo delle certezze e dei freni inibitori che trasformano l’assediato in qualcosa che non pensava di essere, l’uomo che si riappropria della propria essenza ferina e letale troppo a lungo sopita dall’imborghesimento sociale. Lo sterminio si ultima con l’uccisione dell’ultimo assalitore imprigionandolo nella trappola per lupi, il lupo che riamane intrappolato e muore chiude il cerchio e spegne il fuoco del cane di paglia che torna ad essere quello che era prima, uomo e marito. La donna ritorna ancora una volta ad essere riposizionata sotto il nuovo maschio dominante, quello che ha fatto fuori il branco e che ora ritorna a reclamarne i diritti perduti. Straordinario film sulla violenza endemica, il film di Peckimpah è un lungo viaggio nella natura umana, dominata dal caos della natura .E' un western atipico oltretutto, fatto di dualismi, di sguardi, di frontiera, di territorio, di duelli e assedio. Assolutamente da vedere.

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