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Thor: Ragnarok

Regia di Taika Waititi vedi scheda film

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La recensione su Thor: Ragnarok

di supadany
6 stelle

Sono trascorsi quattro anni da Thor: The dark world. A noi comuni mortali pare poco, ma il tempo passa velocemente. Nel frattempo, nel Marvel Cinematic universe sono successe parecchie cose che, inevitabilmente, condizionano il presente. Così, Thor: Ragnarok aggiusta il tiro rispetto ai primi due capitoli: da Avengers: Age of Ultron e Captain American: Civil war preleva di sana pianta la formula da gioco di squadra, mentre da Guardiani della galassia riprende un senso dell’umorismo più strafottente e un modello che offre il meglio quando si isola dal procedimento principale.

Depurato delle sue divagazioni da cabaret, alcune proprio riuscite (come un incontro tra gladiatori che vede fronteggiarsi Thor e Hulk), rimane un’impalcatura arcinota, con alcune carenze e un caos digitale che crea massa e un frastuono formalmente gratuito.

Mentre sono sulle tracce di Odino (Anthony Hopkins), Thor (Chris Hemsworth) e Loki (Tom Hiddleston) si scontrano con Hela (Cate Blanchett), la loro sorella maggiore, smaniosa di conquistare il trono di Asgard.

Hela priva Thor del suo leggendario martello, spedisce entrambi più lontano possibile e si prepara alla conquista del regno.

Da qui parte la rincorsa contro il tempo di Thor, che dovrà vedersela con il Gran Maestro (Jeff Goldblum), un leader totalitario che si sollazza proponendo dei combattimenti in un’arena, e trovare nuove risorse. Grazie a questa disavventura, ritroverà Hulk (Mark Ruffalo), ormai dedito alla bella vita, e Valchiria (Tessa Thompson), una combattente impavida con il vizio dell’alcol, con i quali darà vita a un gruppo momentaneo: i Revengers.

 

Mark Ruffalo, Chris Hemsworth, Tessa Thompson, Tom Hiddleston

Thor: Ragnarok (2017): Mark Ruffalo, Chris Hemsworth, Tessa Thompson, Tom Hiddleston

          

La trama sarebbe ancora più facilmente riassumibile e generalizzabile: il male vuole impossessarsi di un regno, mette i buoni in un angolo (ma non li uccide quando potrebbe, troppo facile), i quali si organizzano e tornano al contrattacco, appena in tempo per scongiurare il peggio.

Per carità, ci sono delle variabili che avranno il loro peso nei futuri capitoli del Marvel Cinematic Universe ma, stringendo, non si può certo dire che il team di sceneggiatori abbia fatto ricorso a chissà quali fonti e il marasma digitale, per quanto realizzato con il massimo del potenziale tecnico (presumibilmente) esistente, è sempre pronto a sopraggiungere in soccorso e poi a prendersi la ribalta, come se fosse indice di una (pre)potenza sconosciuta.

Fortunatamente, intorno al nocciolo c’è dell’altro, anche se poi si ragiona pur sempre in termini di accumulo, per cui, nonostante le due ore abbondanti a disposizione, qualcosa finisce sacrificato, finendo con l’apparire come un contentino.               

Entrando nello specifico, Thor deve affrontare la separazione forzata dal suo martello e subisce pure un cambio di look - e chi poteva essere il responsabile se non Stan Lee? – che non prende bene, subentra Hulk (in entrambi i casi, i trailer non hanno corso il rischio di risparmiare sorprese per la visione), anche lui in crisi d’identità e lontano da ogni sorta di responsabilità, mentre Loki è il solito doppiogiochista, per cui i suoi cambi di orientamento non sortiscono effetti fuori dalla norma.

È invece sulle new entry, tre pezzi tutt’altro che secondari, che sorgono le principali distinzioni: Jeff Goldblum è uno spasso nel ruolo di un despota, una figura che dileggia i peggiori detentori del potere, Tessa Thompson tratteggia una guerriera ormai abituata a guardare al sodo, così come al fondo delle bottiglie che scola a tempo di record, mentre Cate Blanchett ha un gran look da regina cattiva delle fiabe (il primo pensiero vola a Biancaneve) e una cupidigia che l’avvicina alla Lady Tremaine interpretata in Cenerentola, ma è lecito chiedersi il senso di una presenza artistica di tale livello per una parte così habitué, per giunta tenuta a lungo sotto naftalina.  

Aggiungendo la comparsata del Doctor Strange, come anticipato congruamente sui titoli di coda di Doctor Strange, e la presenza di Korg, una creatura scopiazzata dal Groot dei Guardiani della galassia (anche se qui parla), si passa alle solite note, cui la variabile finale non influisce, se non per il futuro, con un’effettistica che, quando raggiunge il suo massimo grado, non propone niente che non si conosca a memoria, tanto che la presenza di un direttore della fotografia di primo piano – anche se ormai svenduto da anni al cinema di consumo - come Javier Aguirresarobe (The others, Parla con lei, The road) non può avere alcuna influenza pratica.

Su questa falsariga, anche la scelta di un regista come il neozelandese Taika Waititi, che nelle produzioni di serie B come What we do in the shadows aveva raccolto consensi importanti, ha un peso limitato, visto che la mano dell’autore s’intravede solo sporadicamente, ad esempio per un’adorabile propensione alla stimolazione del senso di disgusto, purtroppo riscontrabile solo in due scene (due), con le budella che invadono lo schermo (d’altronde, in casa Marvel, i morti abbondano ma il sangue si evita spesso e volentieri).

 

Cate Blanchett

Thor: Ragnarok (2017): Cate Blanchett

 

Alla fine, se Thor: Ragnarok doveva dare scossa (come dichiarato da Kevin Faige), allora parliamo di un mezzo fallimento, se invece rimaniamo sui canoni più collaudati, rientriamo in un’area dal sollazzo garantito, ma l’effetto – protratto, reiterato e invasivo – rischia di essere stordente, tanto più se volgiamo lo sguardo all’orizzonte e scorgiamo quanti titoli Marvel stanno arrivando (solo nel 2018 saranno tre: Black panther, Ant-man and the wasp e soprattutto Avengers: Infinity war).

Tracotante nel midollo, con mirabili scampoli di puro humour e scelte gestionali altamente opinabili, dettate dalla volontà di preferire la quantità alla qualità, con la sicurezza di non perdere uno spettatore della vecchia guardia (facile ci riesca) e la speranza di acquisirne altri (una missione impossibile).

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