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Gli esclusi

Regia di John Cassavetes vedi scheda film

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La recensione su Gli esclusi

di giansnow89
9 stelle

Se è vero che la ragione è ciò che differenzia l'uomo dalla bestia, è altrettanto vero che la mancanza di ragione - sotto la forma di malattia/disabilità mentale - parifica l'uomo all'animale e ne comporta una sostanziale mancanza di difese verso le cattiverie circostanti. L'adulto malato di mente può reagire con la violenza; il bambino, innocente per natura, non ha a disposizione nemmeno quella possibilità di risposta. E quindi la malattia mentale nel fanciullo è la mancanza di difesa suprema. Cassavetes in A Child Is Waiting disegna quella complessa rete che si ramifica attorno al bambino indifeso, nato diverso per ragioni biologiche a lui sconosciute ed estranee: un parto malriuscito, una rosolia della madre prima del terzo mese di gravidanza, un incidentello qualunque che però segna un'intera vita... In particolare, il genitore è in genere il primo soggetto che (ri)conosce la diversità del figlio. Nel film il prototipo del bambino diverso è il piccolo Reuben. Il quale ha un padre della tipologia amicone-menefreghista (stessa pasta d'uomo del patrigno ne I 400 colpi), che pretende tantissimo dal figlio, ha mille e uno progetti per il suo futuro, ma lo abbandona a se stesso nel momento della comprensione della sua reale situazione. La madre allo stesso modo non ne vuole più sapere di venirlo a trovare in istituto, ma diversamente dal marito lo fa perché gli vuole troppo bene (?!). E quindi abbiamo dei bambini che non chiedono null'altro che poter essere accettati dai loro genitori, che poi rappresentano anche la loro personale e minima idea di mondo; e viceversa, abbiamo dei genitori che rifiutano il bambino, o da lui pretendono che si conformi alla loro concezione di normalità. Il direttore dell'istituto rivoluziona questa mentalità: egli è pienamente cosciente della diversità dei bambini. Questo non gli impedisce di riconoscere piena dignità alla loro condizione. Clark concede al bambino l'inebriante vertigine della libertà, sottraendolo alla falsa e dannosa protezione di chicchessia: non tratta i bambini da persone normali, perché non lo sono, ma li tratta come esseri umani. Non animali domestici, non oggetti privi d'emozione. La lezione è importante. Ricevere un trattamento da essere umano è il diritto umano inalienabile primario per un uomo: nel pietismo e nella compassione fini a se stessi, è nascosto tanto danno quanto nel rifiuto e nel disgusto. Non è il diverso che è inadatto a vivere nella società, ma è la società che è inadatta ad accoglierlo, coi suoi pregiudizi e preconcetti. Persino la gentile Jean Hansen (un'intensa Judy Garland al canto del cigno) arreca danno a Reuben, perché in quel desiderio di protezione materno sono nascosti il suo egoismo e la sua frustrazione, il suo fallimento come donna. Credendo di fare del bene a Reuben, ne fa solo a se stessa. In questo come in altri straordinari film sulla malattia mentale, il vero gigantesco mostro sembra la società sbagliata in cui viviamo. 

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