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La città delle donne

Regia di Federico Fellini vedi scheda film

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La recensione su La città delle donne

di Utente rimosso (signor joshua)
8 stelle

Ed ecco che Fellini comincia il suo percorso conclusivo, quello con cui si prospetta (poeticamente) di dire addio al cinema ed al mondo, e con cui vuole finire, una volta per tutte, di dire quello che sentiva di dover comunicare al resto del mondo. E questa, è una tappa fondamentale, che affronta un argomento complessissimo, molto caro al regista: la donna. Evita con grande sorpresa, di inserire Giulietta Masina nel contesto (a cui ha già dedicato un film intero), e fa scatenare il suo adorato Marcello Mastroianni in un contesto che gli è nuovo. Tutto il film si svolge all'inizio degli anni Ottanta, e di fatto, si sente che tira un'aria strana: non c'è più un gusto “aristocratico” o “antico” nei personaggi, di fatti Marcello, quando viene circondato dalle ragazzine drogate, vestite con i colori scuri di quegli anni, si sente a disagio, e come sempre, in lui bisogna identificare Federico, che di conseguenza, come farà anche con il suo film successivo (il meraviglioso E la nave va), ci vuol comunicare un suo giustificatissimo senso di inadeguatezza nei confronti di un mondo che ha lasciato il passo alle nuove generazioni di yuppies, e che si sta evolvendo verso una società più libera, e più assurda di quella precedente, ma solo perché osservata da uomini che appartengono ad altre categorie, che non sono in grado di capire il cambiamento che sta avvenendo. Certo, Fellini non è Pasolini, ed il suo ottimismo (velato sempre da una amarezza di fondo, c'è da dire), non sempre trova giustificazione, soprattutto rapportandolo alla radicale involuzione che il nostro paese, ma anche il resto del mondo, hanno avuto in questi anni, prevista invece perfettamente dal secondo straordinario intellettuale e regista; non bisogna preoccuparsi di questo, a Fellini non interessa la totalità, ma solo una parte del mondo, quella cioè che riguarda il cosiddetto “gentil sesso”. E riesce eccome a parlarne, tirando in ballo, senza problemi, la castrazione, la rivoluzione sessuale (già affrontata con Il Casanova, ma stavolta seguendo accuratamente i bisogni dell'altra parte), il femminismo, ecc. ecc. Per arrivare ad una meravigliosa ed importantissima conclusione finale: l'uomo ha bisogno della donna come necessità dell'ossigeno e del cibo. Ma non solo come puro e semplice stimolo, come invece vorrebbero far credere alcuni, ma come vero e proprio idolo da venerare e da accontentare, da mettere al nostro (cioè degli uomini) pari, ma anche oltre. Sono le donne, con la loro meravigliosa forza d'animo, con il loro istinto, e con la loro energia spirituale, che rendono la vita dell'uomo (o almeno una gran parte di essa), una splendida avventura. Ed allora, l'amore reale, diventa il più grande stato d'animo che si possa ottenere in vita, il piacere dell'uomo, si traduce nel piacere della donna ed anche l'opposto, e tutto si completa così. Come sempre Fellini, non può fare a meno (e come potrebbe) di esporci la sua personale visione della faccenda, e lo fa, come suo solito, attraverso la rappresentazione dei ricordi infantili ed adolescenziali, non ancora corrotti dal mondo fascista, in cui la bellezza (identificata nella donna chiaramente) diventava una necessità primaria, ma non tanto una bellezza corporea, quanto figurativa: la più pura che esista. Questa è una delle volte in cui io e Fellini ci troviamo davvero sulla stessa lunghezza d'onda: un film trasognato, ricco di immagini bellissime, visto dal proprio punto di vista, ma esposto con felicità, romanticismo classico, oniricità, ma soprattutto, con modestia ed onesta, impersonate da un Mastroianni in versione playboy davvero convincente. Bellissima celebrazione di un essere magnifico, sentito fino al midollo.

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