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Lo sbirro, il boss e la bionda

Regia di John McNaughton vedi scheda film

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Eric Draven

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Lo sbirro, il boss e la bionda

di Eric Draven
8 stelle

 

di Stefano Falotico

 

Uno dei film sottovalutati con De Niro, un noir anomalo nella sua filmografia e opera seconda di John McNaughton dopo il controverso, discusso Henry... da caro diario d’un Moretti troppo spietato seppur simpatico. Invero, un curioso ibrido fra la commedia, il melodramma e gli equivoci incalzanti d’uno strano triangolo, composto da un terzetto d’attori vincenti. Wayne Dobie è un timido fotografo che lavora per la polizia, il “becchino” dei morti ammazzati, cioè, lui è della “omicidi” solo perché fotografa i cadaveri della gente uccisa su cui appunto poi la polizia indagherà. È dotato del porto d’armi. Una notte, entra in una drogheria, e si accorge che qualcosa non va. Il commesso non è in realtà il commesso ma un balordo che ha ammazzato il commesso e non ha fatto in tempo a scappare prima che nel negozio entrasse qualcuno. Quel qualcuno è Wayne. Ma sotto il bancone c’è un altro uomo, preso in ostaggio. Una cosa tira l’altra e il grilletto Wayne aziona per legittima difesa, fregando il ladro d’un colpo secco, velocissimo con riflessi d’una mira micidiale da far spavento, un giustiziere freddissimo. Il ladro muore stecchito e Wayne salva così, involontariamente, anche l’uomo sotto il bancone, che però non è uno “pulito”, è un mafioso. Un mafioso gentleman, comunque che, per sdebitarsi che Wayne abbia sventato la sua imminente, scampata morte, gli “d(on)a” la sua pupa perché si distragga un po’. Infatti, il nostro Wayne è da due anni che non scopa e, sebbene sia un bravissimo cittadino che ha fatto il suo “sporco” dovere per moral guidance del suo animo combattente la feccia, è un “inetto” a letto. E qui vien la bella Uma Thurman e il bel “casino”. Il mafioso, Frank Milo, si accorge che, inaspettatamente, fra i due è scattato l’amore. Impensabile ma tant’è... forse perché, come da scena bollente fra De Niro e la Thurman, Wayne è più bravo tra le lenzuola di quel che il nostro “duro” Frank poteva minimamente sospettare. Cazzo, doveva essere un passatempo e invece si è trasformato in un fidanzamento da infedele “cagnolina”. Wayne vuole stare con lei, lei anche, lui non vuole che l’uniona sia da fare, e vuol disfarsi a questo punto di “trapunte” oramai da “cotta f(r)itta(ta)” al suo cuore “cornuto”, certo da gangster ma pur sempre da uomo leso nel suo orgoglio e appunto nell’amor proprio di lei adesso presa da un altro che, ai suoi occhi da “invincibile” virile, gl’appare “imbarazzante”. Come dire, com’è possibile che la mia donna abbia perso la testa per un coglione del genere? I coglioni invece sono tutti e due, Wayne perché non molla l’osso, infatti qui Uma è abbastanza anoressica anche se (non) di buon sen(s)o messa, e Frank che potrebbe lasciar perdere il “perdente” e invece non vuol far la fig(ur)a di chi lo prende in quel posto da uno sfigato ché tal pare. Saran palate per colpa della patata! Sì, gli ha salvato la vita, ma ciò non significa che debba fregargli la femmina. Ma è stata una sua idea, di che si lamenta? Non aveva calcolato l’attrazione che fa ecceziona alla regola. Finiranno alle mani, non vincerà nessuno, alla fine (non) pace fatta e Frank decide finalmente che, se Uma/Glory vuol farsi Wayne, non può far molto.

Sceneggiatura al contagiri di Richard Price, musiche di Elmer Bernstein, fotografia splendida e notturna di Robby Müller. Produce Scorsese, inoltre.

Con questi credits, capisco che ci s’aspettava di più da questo film, e comprendo le stroncature dell’epoca. Rivisto oggi, è molto più riuscito di quanto dissero.

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