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Il cittadino illustre

Regia di Gastón Duprat, Mariano Cohn vedi scheda film

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La recensione su Il cittadino illustre

di Spaggy
7 stelle

Lo scrittore Daniel Mantovani, di origine argentina, da oltre trent’anni vive in Europa quando gli viene assegnato il premio Nobel per la letteratura. Il conferimento del riconoscimento causa in lui una sorta di blocco dello scrittore che per cinque anni di fila lo porta a non scrivere niente di nuovo e a rinchiudersi a riccio, evitando altri premi, riconoscimenti e apparizioni pubbliche. Qualsiasi proposta viene da lui rifiutata fino al giorno in cui una lettera proveniente da Salas, il piccolo paese di cui è originario e la cui gente ha usato come fonte di ispirazione per i suoi scritti, lo convince a partire per accettare una quanto mai singolare cittadinanza onoraria. Sin dal suo arrivo, Daniel ha modo di vedere che, al di là dei decenni trascorsi, a Salas tutto sembra immutato e immutabile: le automobili, le case, la povertà e i modi di fare. Ritrova anche colui che era il suo migliore amico, sposatosi nel tempo con colei che era la sua fidanzata, e partecipa a serate, festeggiamenti e lezioni dal tono grottesco e surreale per lui che è oramai abituato a un’altra vita in Europa.

La presidenza di un concorso teso a decretare il miglior dipinto realizzato dalla gente del paese comporta a Daniel più di un guaio dopo che ha rifiutato di ammettere in gara l’opera di un sedicente presidente di una qualche associazione artistica. Lo scontro tra Daniel e l’autore del dipinto confluisce pian piano a creare un clima di violenza, sospetti e tradimenti, che porteranno il premio Nobel a voler scappare e fuggire via da un mondo in cui non si riconosce più.

scena

Il cittadino illustre (2016): scena

 

Strutturato in quattro capitoli, Il cittadino illustre vestendosi da commedia satirica porta a riflettere su varie questioni, partendo dalla feroce critica al sistema di assegnazione dei premi letterari. Durante il suo discorso di ringraziamento, Daniel afferma fondamentalmente due cose: l’Argentina, nonostante abbia avuto grandissimi autori (Borges, tra tutti), è sempre rimasta a mani vuote non vedendosi mai riconosciuto alcun genio; e il conferimento del premio sancisce la fine della creatività di uno scrittore, che difficilmente può creare qualcosa di nuovo dopo avere cooptato i gusti di pubblico, critici, accademici e monarca.

La riflessione sull’arte predomina poi il corso del racconto, portando spesso i personaggi del film a confondere la finzione letteraria con la realtà: tutti sono convinti di riconoscere qualcuno del posto nei romanzi di Daniel, dal padre all’ingegnere tal dei tali. Per questo Daniel si trova a essere bollato come traditore, come colui che una volta andato via ha cominciato a sputare sulla sua nazione per ottenere successo e a usare la propria origine come mezzo per affermarsi. Dal canto suo, Daniel ammette di essere rimasto ancorato alla sua natalità e di aver tratto ispirazione da Salas ma non vi intravede nessun peccato, rimanendo quasi sorpreso in negativo del forte senso di nazionalismo messo in atto.

Le due differenti visioni del mondo raggiungono l’apice quando la commedia si trasforma in thriller. Vecchi e nuovi rancori prendono il sopravvento nel suo ex miglior amico, che come soluzione finale opta per un colpo di scena in grado di mischiare nuovamente le carte tra finzione e realtà. Sarà da tale scelta che Daniel troverà la forza di scrivere un nuovo romanzo, con ancora una volta al centro Salas e la sua presa di posizione, divenendo consapevole che “nessuno è profeta in patria”.

I due registi Mariano Cohn e Gastón Duprat si divertono a disseminare elementi surreali lungo il corso della storia: una battuta, una situazione o un volto, sono funzionali alla costruzione di un universo grottesco e chiuso e alla stesura di una forte critica sociale, che colpisce chiunque - compreso il jet set internazionale - senza fare sconto alcuno.

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