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Quel che resta del giorno

Regia di James Ivory vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Quel che resta del giorno

di sasso67
8 stelle

Il senso del film mi sembra un mesto lamento per una vita buttata via in un eccesso di attaccamento al lavoro e di devozione sconfinata al "padrone". Un asservimento cieco e totale al servizio del padrone, che condiziona le abitudini, il modo di comportarsi e il carattere di una persona. Nel caso di specie, Mr. Stevens, un maggiordomo, durante il ventennio a cavallo della seconda guerra mondiale (la vicenda si snoda tra gli anni Trenta e i cinquanta del Novecento). L'impeccabile butler si è costruito un mondo, fatto di formalità e cerimonie, del quale riesce a dominare ogni singolo particolare e che gli serve da scudo e corazza rispetto al mondo esterno. Quando non è in servizio, si riserva dei momenti di intimità che difende gelosamente da qualsiasi intromissione (come si vede nella fondamentale sequenza del libro), anche da parte di chi gli manifesta un interesse non professionale per la sua persona.

L'insieme di regole che domina la vita di questo maggiordomo gli impedisce di uscire di un millimetro dai suoi schemi e di dare voce ai propri sentimenti, cosa che invece fa la governante Miss Kenton, la quale, come Benn, l'ex collega del protagonista, si espone, inciampa, sbaglia, ma, in sostanza, fa quello che Mr. Stevens si proibisce di fare, cioè vive.

E lui sarà costretto, anni dopo, ad ammettere, quanto meno a sé stesso, di avere sbagliato pressoché tutto. Oltre che di avere represso, per orgoglio e buona creanza, i propri sentimenti, anche di essersi annullato nelle idee velleitarie del padrone, rivelatesi addirittura dannose per il paese. Mr. Stevens si è finto cieco e sordo davanti a ciò che non condivideva, senza mai osare contraddire le decisioni del padrone, anche le più assurde, come quando Lord Darlington, per rispetto dei suoi amici nazisti, licenzia le due fantesche ebree, mandandole consapevolmente verso la morte. Ed oltre a questa lezione, Mr. Stevens dovrà anche imparare - dopo avere assaporato qualche momento di libertà grazie al nuovo padrone americano - che quando qualcosa si è rotto talvolta è impossibile ripararlo: nella vita di Miss Kenton irromperà nuovamente, inesorabile, la Vita, sotto la forma della gravidanza della figlia e del bisogno di lei che le manifesta il suo tutt'altro che impeccabile marito, Mr. Benn. Così «il nostro Mister Stevens» si sarà perso l'amore, la vita reale - quella del bicchiere di birra o di liquore al bancone del pub - e perfino le parole del padre morente, sacrificate, come sempre, sull'altare del dovere. E alla fine si troverà perfino, come l'apostolo Pietro dopo l'arresto di Gesù, a rinnegare di avere mai conosciuto il proprio padrone. Non gli resterà che contemplare, in amarezza, quel che resta del giorno.

Ivory costruisce uno dei suoi film migliori, che non è solo eleganza, ma che, anzi, proprio di quella freddezza (che talvolta pare tradursi in formalismo cinematografico) spesso imputatagli potrebbe costituire una critica ed un ripensamento. Affermare, com'è stato fatto, che si tratti di un'opera fredda è fare torto, secondo me, non solo ad Ivory e alla sceneggiatrice Ruth Prawer Jhabvala, ma anche agli attori che nei personaggi di Quel che resta del giorno hanno messo carne e sangue, a cominciare dai magnifici Anthony Hopkins, Emma Thompson e James Fox, senza dimenticare altri interpreti, alcuni dei quali proprio in questo film hanno dato il meglio delle proprie doti altrove nascoste: Christopher Reeve, Hugh Grant, Peter Vaughan, Michael Lonsdale, Tim Pigott-Smith e tutti gli altri.

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