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Settembre

Regia di Woody Allen vedi scheda film

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La recensione su Settembre

di LorCio
8 stelle

Una casa può raccontare mille storie. Woody Allen si serve di un impianto pressoché teatrale per affrontare le piccole e grandi storie quotidiane di un gruppo di persone in un interno. Con quel piglio gentile e sensibile che contraddistingue le sue opere più intimiste, Woody mette in scena un dramma sentimentale che si ispira chiaramente a Cechov (Il giardino dei ciliegi su tutti) e Bergman (punto di riferimento assai frequente nell’itinerario alleniano “serio”) che vola via con una delicatezza sublime. La rapidità della messinscena è essenziale: diluito, allungato, annacquato sarebbe risultato monotono, ripetitivo, claustrofobico. Così, invece, è praticamente perfetto. Brucia di una passione silenziosa e quieta, avvampa tiepidamente come la fiamma di una candela accesa in una stanza buia: illumina un breve spazio, ma la sua eco visiva si diffonde prudentemente. Il contrasto tra le luci prima nitide, poi oscure e dopo ancora chiare dell’interno e l’imprevedibile tempo dell’esterno (dolce serata, temporale infame, mattina serena) è funzionale alle tonalità crepuscolari e raccolte del racconto.

 

 

Un racconto caldo ed intenso (fotografato con emotività da Carlo Di Palma), abitato da personaggi irrequieti ma non disperati, placidamente sull’orlo di una crisi di nervi neanche troppo lontana, immersi in un mondo al di fuori di tutto, quel tutto abbandonato all'esterno, dal quale forse si è voluto scappare una volta. Una volta, e mai più. Non tanto per scelta, quanto proprio per necessità. Le vite al di fuori della foresteria corrono e proseguono nel loro incessante divenire. Quei due giorni chiusi (non solo metaforicamente, anche fisicamente) sono l’occasione per pensare a se stessi e cercare di capire le ragioni di un’esistenza. L’amore fa male: che novità. E alla fine, tra partenze imprevisti e debiti da saldare, ci si ritrova sempre al tavolo, a fare i conti con la propria storia. L’estate sta finendo, settembre è nel suo fulcro. Quella stagione insolita, di transizione, in cui si vede al futuro (all’inverno) con enigmaticità. Soffice, sottile, soave, amaro. E che cast (cito almeno la magnifica Elaine Stritch), così intonato ed ispirato da competere con la bellezza delle musiche d’atmosfera di Loesser, Berlin, Porter, Kern con Art Tatum e Bernie Leighton al piano.

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