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La bella vita

Regia di Paolo Virzì vedi scheda film

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La recensione su La bella vita

di maurizio73
6 stelle

Vicissidutini professionali e sentimentali di Bruno, operaio metalmeccanico dell'ILVA di Piombino all'inizio degli anni '90 tra la crisi delle acciaierie e quella del suo matrimonio con la bella moglie Mirella irretita dalle lusinghe di un aitante imbonitore televisivo. Finale sul filo di una nostalgica ironia.
Commedia sociale sullo sfondo di una provincia industriale in dismissione, quella di Virzì è un'incursione leggera e un po ingenua nella crisi sentimentale e culturale di una classe operaia  che ha smarrito la propria identità sociale e tenta una modesta e infantile rivoluzione attraverso gli slanci di una sprovveduta velleità imprenditoriale o la tenera illusione di una piccola ribalta catodica. Benchè il contesto sociale di un Paese che attraversa una epocale crisi dei valori (siamo nell'Italia di inizio degli anni '90) sia sottolineato dai puntuali riferimenti cronologici e dalla voce off che scandisce il tempo di una narrazione insieme privata e collettiva, questi riferimenti appaiono quali semplice sfondo scenografico di una dimensione familiare del racconto, dove gli accenti di un gioviale regionalismo rappresentano il marchio di fabbrica di una autore che, sin da questo felice esordio nella commedia all'italiana, riesce a preservare la coerenza di un registro insieme ironico e nostalgico, sfumando i passaggi più grevi e malinconici e restituendoci la freschezza di una storia dolceamara di operai cassintegrati in crisi di identità, casalinghe annoiate attratte dalle ingenue lusinghe del piccolo schermo, mezzobusti di provincia che sfoderano il fascino un po' ridicolo da playboy da quattro soldi; una varia umanità di figure tenere e ridicole che ricordano i clichè di un'italietta mille volte già replicata nei gustosi bozzetti di Monicelli&Co.
La predilezione di Virzì per il difficile contesto di un'ambientazione provinciale (qui la Piombino della crisi del metallurgico, altrove 'Ovosodo' di un famoso quartiere popolare di Livorno, piuttosto che le vacanze all'amatriciana nella Ventotene di 'Ferie d'Agosto') è il riflesso di una scrittura chiaramente autobiografica dove i ricordi d'infanzia si alternano ad una spiccata sensibilità per i temi sociali, sempre all'insegna di moderato ottimismo, di una inesauribile gioia di vivere, della  paziente saggezza dei puri di cuore.
Film che si rivede volentieri anche per il cast di simpatici perdenti tra cui l'operaio con la faccia un pò così di Claudio Bigagli, il conduttore guascone e superficiale di Maurizio Ghini e la simpatica procacità di una brava (per una volta) Sabrina Ferilli.
David di Donatello per Virzì e Nastro d'argento per lo stesso autore copme miglior regista esordiente e alla Ferilli come migliore attrice protagonista. Candido triangolo amoroso nella provincia metalmeccanica livornese.

 

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