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Parenti serpenti

Regia di Mario Monicelli vedi scheda film

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La recensione su Parenti serpenti

di ROTOTOM
8 stelle

Acidissima rappresentazione della microborghesia in nero. Alla vigilia di Natale una coppia di anziani coniugi riceve la consueta visita dei quattro figli con mogli/mariti e nipotini al seguito. In un crescendo di ipocrisie, battibecchi, rivalità e cattiverie smorzate solo dall'artefatto spirito natalizio, tutta la fragile struttura famigliare collassa quando i due vecchi decidono che è ora di andare a vivere con uno dei figli e la rispettiva famiglia per contrastare gli eventuali acciacchi della profonda vecchiaia. La decisione su chi dovrà accollarsi il peso di quella scelta scatena la più meschina, cattiva e ingrata delle situazioni. Questa volta Monicelli lasciando da parte la sottile ironia che caratterizza la gran parte dei suoi film, gioca di scimitarra e mena fendenti impietosi facendo a pezzi senza remore e senza rimorso la santa cellula base di ogni struttura sociale: la famiglia. Una famiglia qualsiasi, compressa negli angusti locali della casa, schiacciati e sovraccaricati di simboli dell'incomunicabilità, di falso benessere, di grottesco umorismo. Gli spazi sono ingombri di cose, la televisione sempre accesa, l'albero di natale e tutte le lucine, un'obesa nipote anticipa i tempi delle veline sognando di diventare ballerina rai scimmiottandone i balletti, i personaggi si accalcano e si prevaricano, verbalmente e fisicamente in un gioco al massacro che fin dalle prime scene preludono ad un finale amarissimo. Allora ci sono i rossetti per aggraziare le labbra tirate sui volti, gli sguardi sfuggenti e carichi di livore, mollette per i capelli multicolore, il pranzo ostentatamente opulento, eleganze pacchiane e sorrisi di circostanza, volgarità assortite e un ampio corollario di ignoranza gratuita che forma lo sfondo ideale sul quale essi stagliano tutta la loro ributtante umanità. I coniugi non si amano tra loro, si sopportano, le nevrosi si accalcano e si sommano in un delirio di invidie e conti in sospeso. La nuova società del benessere si trova sullo schermo fratturata ed esposta in tutta la fragile certezza che proprio quel benessere mina, instillando stress e convenzioni inghiottite a forza. Di tutto questo non si accorgono i due vecchi, rappresentanti della tramontata generazione contadina ingenua e cieca di fronte ai mostri pieni di egoismo che si scannano tra loro per un comò o una stola. I dialoghi sono illuminanti e mai banali, acidi e taglienti rindondanti di tutti quei luoghi comuni che riempiono la bocca dei mediocri, quali sono i convenuti intorno al desco del Santo Natale. Ipocrisia è la parola giusta, resa ancora più marcata dal contrasto della voce narrante fuori campo appartenente al bambino, narratore della vicenda e inconsapevole testimone pulito e ingenuo della tragedia imminente, nipote dei due vecchi genitori ignari della perfidia dei loro figli. Il film cresce parossisticamente di minuto in minuto aggiungendo cattiveria su cattiveria, livore su livore, fino alla totale esondazione dei veri animi dei protagonisti. Così di fronte alla decisione di chi si debba accollare gli anziani genitori e rovinarsi quell'esile equilibrio che regola le loro vite si assiste alla frantuamazione di ogni tabù: Haber confessa di essere gay, una pacchiana e volgare finta chic Cinzia Leone viene scoperta in una tresca amorosa col cognato immortalati in una posa animalesca su un giornale per scambisti. Le altre due coppie si scannano a colpi di meschinità e colpi bassi. Fino alla soluzione finale, la televisione, unico faro vero l'esterno offre loro l'idea di farla finita. Prendendo spunto da una notizia di telegiornale in cui alcune persone erano decedute a causa del malfunzionamento di una stufetta a gas, ne acquistano una per i loro vecchi, la piazzano in casa e la fanno saltare in aria simulando un incidente. Il tutto mentre loro si ritrovano ad un veglione di fine anno talmente squallido e cafone da far impallidire il afmoso capodanno Fantozziano nei sotterranei della mega ditta. Terribile nell'inevitabile discesa verso una fine che fin dall'inizio galleggia nell'aria, Parenti Serpenti è una farsa che lavora per sovraccumulo, trasformando i personaggi via via da uomini in macchiette, in pupazzi colorati senza alcun sentimento, consapevoli della propria meschinità ma già profondamente corazzati da non provare alcun senso di colpa, in una facilità di autocommiserazione e autoassolvimento che prevarica ogni morale e ne giustifica qualsiasi azione. Delitto senza castigo, poichè ai loro stessi occhi essi non sono affatto colpevoli, sono così e basta, borghesi che lottano ogni giorno per il loro pezzetto di artificiale serenità e che sono pronti ad azzannare chiunque pur di mantenerlo il più anelgesizzatamente intatto. Splendido e colpevolmente sottovalutato, Parenti Serpenti è invece un film estremamente lucido e compatto nella narrazione da risultare anche a distanza di anni assolutamente attuale.

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