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Un mondo perfetto

Regia di Clint Eastwood vedi scheda film

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La recensione su Un mondo perfetto

di SamP21
8 stelle

La trama in breve

Nella notte di Halloween del 1963, i due detenuti Butch Haynes e Terry Pugh riescono ad evadere dal carcere di Huntsville, Texas. In cerca di un’auto con cui fuggire, Terry, il più pericoloso e perverso dei due, fa irruzione in casa di una famiglia di testimoni di Geova, composta solo da madre e tre figli. Nel tentativo di molestare la donna, attira le attenzioni del vicinato e costringe Butch a scappare, trattenendo in ostaggio il piccolo Phillip. Ad occuparsi del caso è il capo della polizia Red Garnett. Ad un anno dalle nuove elezioni e a poche settimane dalla visita del presidente Kennedy a Dallas, Garnett viene investito, assieme allo sceriffo locale, al tiratore scelto dell’FBI Bobby Lee e all’esperta criminologa Sally Gerber, di poteri speciali e di un furgone all’avanguardia. Con queste armi può dare inizio alla caccia agli uomini.

 

Ad ogni nuova visione, la filmografia di Eastwood mostra aspetti inediti di una poetica coerente ed illuminante.

Lo sguardo umano, storico e politico del grande attore e regista segna la sua intera filmografia. E’ lui l’erede dei grandi registi classici, il figlio di Don Siegel,  di Sam Peckinpah ma soprattutto di John Ford: tutti registi di western, come è Eastwood. Il film si delinea come un moderno western, grazie anche alle ambientazioni e alla natura incontaminata del Texas, la protagonista spesso della storia del genere.

 

Una cesura storica per Eastwood è stata la morte di JFK, sul cui caso Costner/Jim Garrison, protagonista del film, indaga in JFK di Oliver Stone, uscito due anni prima; da quella morte, da quel padre che voleva rifondare la nazione, con pregi e difetti, l’America non è stata più la stessa, e su questo ormai non c’è dubbio.

 

Il film poi, che inizia con una citazione di Fuga da Alcatraz, immerso in paesaggi fordiani, da western moderno quale è, ci trasporta in un romanzo di formazione. Al centro ci sono il bandito e il bambino a spasso per il Texas, braccati dalla polizia. A poco a poco capiamo come e perché il protagonista è diventato quello che è, e capiamo le affinità col bambino che ha rapito e che ne diventa compagno di viaggio.

 

Entrambi i personaggi hanno avuto dei padri che sono scappati. Il protagonista ha vissuto un’infanzia turbolenta tanto da arrivare, per difendere la madre, ad uccidere un uomo. Il suo desiderio di evasione l’ha portato in galera, rinchiuso da un sistema che non comprende le sue storture. Venticinque anni dopo sarà proprio Clint ad andare a spasso per il Texas, ne Il Corriere.

Eastwood nella sua visione così umana, ci mostra bene i processi che portano le persone a fare quello che fanno. E’ sempre severo nei confronti dei politici, che sono spesso corrotti. In questo caso ha la faccia del vecchio poliziotto duro, ma che sa bene come vanno le cose, e cerca in extremis di fare qualcosa per quest’uomo che la vita ha relegato al ruolo di “looser”, ad una sorta di antieroe sorridente.

 

Il rapporto del bandito con il bambino è quello di padre-figlio. Trasuda emozione, con una fortissima componente di rabbia nelle scene di violenza, e in quelle dove il protagonista si imbatte con uomini o comunque genitori che sono violenti con i bambini. Sono quest’ultimi che rappresentano la purezza per Eastwood, o perlomeno il loro sguardo, naturalmente finché il mondo non li travia. Proprio la componente espressa dai bambini, assieme alla prateria, alle vaste terre, ad un vita migliore, meno violenta e più a natura di uomo, rappresentano tutte insieme la realtà americana pre-omicidio di JFK.

Eastwood, nell’idea di collocare il film proprio nel 1963, riesce a raccontarci l’America di ieri e di oggi, e il finale lo dimostra plasticamente. E’ un’America  attraversata da un desiderio di violenza, che poi esploderà e che rappresenta la base del suo marciume.

 

Toccante, abbiamo accennato, il finale, bravissimo Costner in ruolo così diverso da tutto quello che aveva fatto prima, perfette la regia e la fotografia, per un film che ci ricorda quanto è grande come regista il vecchio Clint, classico eppure modernissimo, spettacolare ma anche intimo; è un cinema sociale, un cinema politico, un cinema che parla di uomini.

 

Nota a margine. Il film, che è un Western ambientato negli anni Sessanta, ha molti richiami interni al genere. Del resto, siamo nel 1993, e Eastwood in quel momento incarna la personalità più importante del Western, prima come attore e poi come regista. Costner è, prima come attore e poi come regista, un personaggio centrale nel tentativo di rielaborare il genere americano per eccellenza; non a caso un anno dopo sarà nel flop di Kadsan, Wyatt earp. Qui Il protagonista del film, oltre a voler raggiungere il padre, che ha inseguito tutta la vita, vuole raggiungere quella che definisce “l’ultima frontiera”, l’Alaska.

 

Nello stesso anno, dopo l’epocale Gli Spietati, Clint è un poliziotto che in Nel centro del mirino, ha il rimorso di non aver apposto il suo corpo a quello di Jfk di cui era una delle guardie del corpo. Il cinema del maestro di San Francisco in questi due film riesce ad essere la summa della visione della società del regista, del cinema, dei “generi”, e apre un periodo d’oro che culminerà più di dieci anni dopo.

 

In questo Un mondo perfetto c’è tutta la grandezza di un regista che è anche un attore. Il suo personaggio di poliziotto porta a compimento una figura che nel corso degli anni è diventata sempre più articolata, in questo caso non del tutto dissimile dal protagonista del film Nel centro del mirino, ma certo più riflessiva. Colpisce ancora una volta come il ruolo della protagonista femminile sia così importante nello sviluppo della vicenda e sia portatore di un’altra visione, più ampia e moderna.

 

Un capolavoro a cui seguirà un altro film di rilievo come è I ponti di Madison County.

 

Voto 8,5

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