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I figli della violenza

Regia di Luis Buñuel vedi scheda film

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La recensione su I figli della violenza

di tafo
9 stelle

Opera che scavalca ogni buonismo dalla quale si può solo risalire per ritrovare la fiducia nell'uomo.

Dal neorealismo all’iperrealismo per i ragazzi bunueliani tutto è una lotta feroce contro la morte. La brutalità è ad ogni angolo quando si vive nei sobborghi miseri di una qualsiasi metropoli . Meglio rubare che lavorare come asini, meglio prendersela con chi è più debole vecchio o storpio, cieco o indifeso e sottrargli i pochi soldi che possiede solo per potere fumare qualche sigaretta in più. Ognuno si difende come può chi non ci vede affina gli altri sensi non si lascia derubare facilmente riuscendo a sentire e a odorare tutto quello che ha intorno. Ogni famiglia è disgregata a modo suo nel senso che quando i figli lavorano sono i genitori che hanno vissuto e vivono una vita viziata per bacco o per venere  e che solo alla fine capiscono cosa vuol dire perdere un figlio. Il nostro descrive un’ umanità che regola le proprie vicende con la violenza  delle armi antiche  come pietre coltelli e bastoni oggetti arcaici che tutti potevano trovare e usare per farsi giustizia. L’unica autorità che si riconosce è quella del più forte di quello che riesce ad evitare la galera quale che sia la struttura che rappresenti il potere statale, quando manca l’autorità familiare con la sua fiducia e le sue regole non ci può essere diverso destino per questi ragazzi che hanno visto solo il bastone  senza la carota. Il film riesce a definire un ritratto spietato che lascia ancora oggi senza fiato di un’umanità aldilà della speranza e della pietà per se stessa e per gli altri che vede la morte come giustizia o come un rifiuto fastidioso. Il surrealismo spagnolo degli inizi diventa un onirismo messicano fatto di privazione e sofferenza.  Lo sguardo è sempre lucido mai consolatorio verso una natura umana che in quel contesto  fatto di macerie estetiche e etiche non può che affrontare un eterno orrore morale. “ E’ il miracolo che si è compiuto: a 18 anni e 5000 km di distanza è lo stesso, l’ineguagliabile Bunuel, un messaggio fedele a L’age d’or e a Las hurdes, un film che sferza lo spirito come un ferro rovente e non lascia alla coscienza alcuna possibilità di riposo.” ( André Bazin, Che cosa è il cinema, 1958)

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