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La guerra è finita

Regia di Alain Resnais vedi scheda film

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La recensione su La guerra è finita

di alan smithee
8 stelle

L’opposizione "partigiana" al regime di Franco vive, nella metà degli anni Sessanta, di rischiosi viaggi di collegamento oltre confine indispensabili per collegare il pensiero, cioè una mente, un partito che ha trovato rifugio nella capitale francese, e un braccio attivo e concreto che vive di clandestinità e azioni di resistenza all’oppressione dittatoriale, in una Spagna completamente isolata e retrograda, sprofondata a livello temporale e geografico, secoli addietro rispetto ai paesi europei limitrofi. Diego Mora è un militante molto noto ed attivo, “passeur” abituale di informazioni, uomini e linee guida, attore protagonista fondamentale per la riuscita di azioni dimostrative. Ma, da un po’ di tempo, la consapevolezza e la schiettezza del suo stato di uomo “d’azione” e di pratica finisce per cozzare in modo sempre più dirompente con la teoria delle linee guida della direzione parigina, rendendolo sempre più critico, scettico e distante nei confronti dei vertici guida del partito dissidente. Pratica e teoria, schiettezza della vita reale e retorica della vita d’ufficio si confrontano in un duello impari che acuisce le già evidenti difficoltà di gestire un moto rivoluzionario che si alimenta di piccoli fuochi che divampano, ma che il regime tende a soffocare e a sovrastare con la potenza dell’oppressione. Nonostante l’impegno e l’astuzia, il lavoro di Diego non viene più reputato conforme alla linea guida della direzione e l’uomo viene invitato a congedarsi verso un meritato riposo, salvo venir richiamato all’azione da un imprevisto che solo la casualità irragionevole ed irriguardosa della vita reale riesce a prevedere.

Ives Montand, lasciati (anche se non definitivamente) i fasti hollywoodiani e le canzoni da “tombeur de femmes” del suo glorioso passato, si avvicina definitivamente al cinema militante di sinistra seguendo ideologie personali che hanno sempre contraddistinto il personale pensiero politico dell’attore italo-francese, e che questi troverà, grazie alla fitta e preziosa collaborazione con il regista greco Costa Gavras, lo strumento ideale di espressione e manifestazione.

Nel cast oltre a Montand, e ad un piccolo cameo da ispettore per Michel Piccoli, spiccano e brillano due figure femminili antitetiche, anche se ugualmente affascinanti: una giovanissima, seducente e quasi felpata Geneviève Bujold, attrice canadese agli albori recitativi, a cui si contrappone la più matura, algida, severa e dai tratti spigolosi Ingrid Thulin, attrice svedese bergmaniana mai qualunque od ordinaria: donne quantomai fondamentali, ancorché relegate in seconda linea, nella missione per la salvaguardia delle libertà fondamentali della civiltà, fino a quel periodo segregate, compresse, violate, ridotte a lontano miraggio da troppo tempo agognato.   

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