Regia di Abel Ferrara vedi scheda film
Rodolfo (Harvey Kaitel) è un tenente corrotto che passa il tempo a drogarsi e a commettere parecchie scorrettezze - abusando del suo potere - pur di ottenere i soldi per continuare a mantenere il suo stile di vita sregolato. Schiacciato dai debiti per le scommesse perse sui risultati di alcune partite di baseball, metterà alla fine le mani su due delinquenti che hanno stuprato brutalmente una suora, rinunciando tuttavia a consegnarli alle forze dell'ordine.
Nel 1992 Abel Ferrara firmava quest'opera cruda, che in alcune parti (lo stupro) può essere paragonata ad Arancia Meccanica di Stanley Kubrick (1971), sfruttando anche l'irruente interpretazione di Harvey Kaitel (a proposito, perché non hanno mai dato un Oscar a quest'uomo?). Tuttavia, è chiaro che la violenza che dipinge Ferrara non è fine a se stessa, non cerca il compiacimento voyerista dello spettatore, ma rientra in un disegno preciso, che viene a delinearsi man mano che la vicenda va avanti. Il perno centrale è, infatti, la suora, la volontà di quest'ultima di perdonare cristianamente i suoi aggressori. Rodolfo la raggiunge in chiesa, le dice che può vendicarla, ma lei no, non desidera alcuna vendetta. A questo punto si verifica una catarsi: Rodolfo, acciuffati gli aguzzini, potrebbe riscuotere la cauzione, ma qualcosa sembra già cambiato dentro di lui. Unendosi all'atto estremo della credente, li lascia scappare, sebbene questa conversione, o barlume di conversione, arrivi - come si vedrà subito dopo - ormai troppo tardi.
Abel Ferrara mette in scena dunque un film che, tra sacro e profano, si rileva inaspettatamente ma intimamente religioso e, insieme, cattura lo spettatore con quello che verrà ricordato di sicuro come uno dei suoi lavori più incisivi ed impressionanti.
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