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La cosa

Regia di John Carpenter vedi scheda film

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George Smiley

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La recensione su La cosa

di George Smiley
10 stelle

Antartide, 1982. Un elicottero norvegese è all'inseguimento di un cane husky con l'intento di ucciderlo. La foga dell'inseguimento li porta presso una stazione di ricerca americana. Il pilota dell'elicottero e l'altro passeggero, in preda a un apparente raptus di follia, rimangono uccisi in una colluttazione con gli Americani, i quali accolgono nella loro base il cane fuggiasco e decidono di indagare sul comportamento inspiegabile dei loro colleghi europei. Ben presto scopriranno che l'husky è in realtà un alieno con la facoltà di replicare le cellule di qualsiasi organismo e che ha già sterminato l'intero team di ricercatori norvegesi, i quali avevano trovato l'astronave con cui era giunto sulla Terra e lo avevano risvegliato dall'ibernazione...

La Cosa è il film a cui il vecchio John Carpenter è più affezionato. E come dargli torto? Lo si potrebbe quasi definire il fratello genetico di Alien, per l’atmosfera che riesce a creare, per la tensione che trasmette allo spettatore, per i temi di fondo che sottende, ma al tempo stesso essi sono distanti come lo sono i due registi a cui appartengono, ovvero lo stesso Carpenter e Ridley Scott. In entrambi i casi l’ambientazione è costituita da uno spazio che ne contiene un altro (l’astronave Nostromo e la base americana sono i contenitori e allo stesso tempo i contenuti), ma se nel caso di Alien ciò che spaventa è la placida quiete del buio profondo dello spazio, per La Cosa il disagio proviene dalle bianche e gelide distese antartiche che nascondono segreti di altri mondi. Là dove in Alien il terrore arrivava da migliaia di anni luce di distanza dalla Terra, ne La Cosa viene direttamente a farci visita a casa nostra, ma atterra proprio nel luogo più desolato e inospitale del nostro pianeta. Ed infine, mentre nel film del 1979 il mostro nasceva dentro al nostro corpo per poi diventare una minaccia esterna (ed estranea), in quello del 1982 il visitatore proviene da fuori e ci entra dentro, ma non si limita a questo: ci copia, si sostituisce a noi, ci REPLICA. Non ho usato tale parola a caso: curioso è il fatto che proprio nel 1982 sia uscito un altro film di Ridley Scott ormai diventato un grande classico della fantascienza, Blade Runner, tema centrale del quale è la ricerca dell’identità (portata avanti mediante la figura dei cosiddetti REPLICANTI, androidi organici in tutto e per tutto uguali all’uomo) e che pone una domanda a cui è estremamente difficile dare una risposta: cosa ci definisce esseri umani? Come possiamo stabilire cosa è umano e cosa non lo è? In questo caso la domanda che il film in questione pone sarebbe più esattamente: cosa è vero e cosa è falso? Come si riconosce un’imitazione quando è talmente perfetta da sostituirsi al modello di riferimento? Anche in questo caso, la suggestione deriva dalla domanda in sé, piuttosto che dalla miriade di infinite (ed infinitamente intricate) risposte. Ciò che è certo è che l’imitazione ha anch’essa una propria identità, è cosciente della propria diversità e unicità intrinseca ed è pronta a difenderla ad ogni costo, pur di aver salva la vita. In questo non si discosta molto dallo xenomorfo di Alien, in quanto entrambi sono mossi dall’anelito alla vita e dall’istinto di sopravvivenza. La Cosa dà persino segno di un’intelligenza decisamente sviluppata e anche di parziale “umanità”, come dimostrato dal tentativo, una volta impossessatasi del corpo del Dr. Blair, di costruire una piccola astronave per fuggire dal nostro pianeta, ormai braccata dagli uomini della base. Ma Carpenter non si limita a mostrare questo essere privo di un’identità fisica e le cui trasformazioni appaiono ispirate a modelli lovecraftiani, tutt’altro: la presenza de La Cosa non è che un pretesto per mostrare il disgregamento del gruppo e la fallacità dei rapporti umani. Una volta iniziato il contagio, il gruppo non è più unito e ognuno sospetta di chi gli sta a fianco, impossibilitato di sapere con chi abbia realmente a che fare. A volte ci viene il dubbio che persino alcune delle persone infette non sappiano di essere simulacri vuoti, gettando il dubbio persino sulla nostra stessa esistenza: non solo è impossibile conoscere gli altri, ma è impossibile conoscere soprattutto noi stessi.

Gli effetti speciali e il make-up di Rob Bottin sono straordinari non solo per l’epoca in cui sono stati realizzati, Ennio Morricone dà prova della sua versatilità in uno dei lavori purtroppo più sottovalutati ma più efficaci della sua fantastica carriera e la regia di Carpenter è il non plus ultra di un fanta-horror coi fiocchi, il migliore del maestro dell’horror, che in questo caso ha potuto lavorare con un budget più ricco ma che ingiustamente non fu ripagato da altrettanti soldi al box-office. La tensione cresce lentamente ma inesorabilmente col passare dei minuti, attraverso la prima parte del film dedicata all’inquietante esplorazione della base norvegese e al ritrovamento dell’astronave aliena e accelera con la mostruosa rivelazione dello spaventoso parassita, in una scena da veri cultori dello splatter, per poi diventare nostra compagna di viaggio attraverso gli angusti corridoi della base americana. Nel contempo, veniamo disorientati dalle continue apparizioni della creatura e dai falsi indizi lasciati dal regista che ci portano a fare inutili congetture su chi sia umano e chi no, fino all’enigmatico finale, volutamente ambiguo per lasciare un senso di smarrimento nello spettatore. Dulcis in fundo, il cast di affiatati caratteristi funziona bene e Kurt Russell, un anno dopo 1987-Fuga da New York sempre di Carpenter, con il suo R. J. MacReady ci regala un altro antieroe spavaldo e determinato, ma questa volta con una nota dolente che ne eleva l'interpretazione e rende il personaggio più vicino a noi spettatori.

La Cosa non ha avuto il successo che avrebbe meritato al momento della sua uscita in sala, ma è stato abbondantemente ripagato dalla fama acquisita presso i posteri, che ne ha decretato un posto d’onore tra i pesi massimi della fantascienza e dell’horror.

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