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La cosa

Regia di John Carpenter vedi scheda film

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callme Snake

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su La cosa

di callme Snake
10 stelle

In un epoca non ben precisata, forse coincidente con la nascita stessa dell'uomo, un oggetto volante precipita sulla terra, portando con sé un male senza forma o età che, come lo splendido titolo del film (omaggio a quello originale del '51), è pronto a squartare lo schermo ed il buio rassicurante della sala. Ora siamo al polo Sud (situazione diametralmente, e non casualmente, opposta a quella della Cosa da un altro Mondo di Hawks e Nyby): nel bianco abbacinante dei ghiacci un cane fugge braccato da un elicottero, che sorvola i ghiacci attraversando la desolante ampiezza del panavision carpenteriano. L'avamposto sperduto degli scienziati americani è ormai raggiunto, ed il cane non fatica a trovare la compassione degli umani, pronti a liquidare i folli norvegesi che sparano all'impazzata, parlando (urlando) una lingua incomprensibile. The Thing si apre così, con questo incipit eccezionale, completamente caratterizzato dall'incomunicabilità e dalla frustrazione. Come in una tragedia in cui tutto è già scritto, tutto è già detto o avvenuto, i componenti della spedizione dell'avamposto 31 (attenzione: la situazione è diametralmente opposta anche a quella del Distretto 13!) saranno presto costretti a scoprire la terribile fine della missione norvegese: dilianiata da qualCosa che non lascia traccia, che metamorfizza i corpi in maschere deformi di replicanti che non hanno un tempo per morire (siamo nell'82, e Blade Runner non è affatto lontano). Snake Plissken, se ancora esiste, vive assopito in un gruppo che presto si disgregherà, come le mebra dei singoli individui. Indossa un cappello da cowboy, ha un rapporto conflittuale con le macchine (il computer che lo batte a scacchi), fatta eccezione per il suo elicottero, l'equivalente del cavallo nei western: infondo ha ancora il volto e il corpo di Kurt Russell, solo ancora più disilluso e stranamente passivo. Nel frattempo quel cane rivela di essere qualcos'altro di ben diverso da un quadrupede "amico dell'uomo": le sue forme dilanianti, archetipiche e letali si dipanano pornograficamente davanti all'occhio stupefatto e shoccato dello spettatore, che tra sé e sé, o forse ad alta voce, pensa: "you must be fuckin' kidding". La Cosa imita e assimila ogni altra cosa, e cogliere la differenza tra copia e originale è possibile solo quando la morte si avvicina. "Chi è umano?" diventa una domanda riccorrente, mentre le dinamiche del gruppo si sgretolano sotto i colpi della paranoia, lasciando intravedere un astio ed un odio preesistenti all'invasione aliena, che si è limitata a "farli uscire" allo scoperto. In effetti il male non è circoscrivibile, come nell'originale, e soprattutto non è esterno agli individui, che non possono più allearsi e scoprirsi fratelli in uno scopo comune (Un Dollaro d'Onore, Distretto 13, La Cosa da un Altro Mondo ecc...). Il Male, la Cosa è dentro di noi, risiede nei nostri corpi: proprio quando i vari Schwartznegger e Stallone decretano il loro successo decerebrato e steroidato, Carpenter si pone, assieme alla schiera di amici-colleghi del New Horror, in una posizione radicalmente critica, causando il suo stesso insuccesso. Troppo pessimista, troppo radicale, troppo lungimirante per essere apprezzato dai critici; troppo crudo, "pornografico" appunto, per essere amato da un pubblico che preferisce rifugiarsi tra i sentimenti più rassicuranti di E.T. l'extraterrestre buono che vuole solo tornare a casa. La Cosa non ha un casa, vive ovunque ci sia ingoranza e grettezza, è di fatto irrappresentabile senza qualcuno (anche più di uno contemporaneamente) che le presti il suo corpo: un po' come fa un attore, diretto da un regista che è come la volontà di vita insita nell'essere. Carpenter si scopre Shopenaueriano? può essere. Nella Cosa le vie di ascesi sono poche e poco rassicuranti: si può solo restare in piedi usando la stessa violenza e spinti dalla stessa volontà di sopravvivenza del nemico, per poi sedersi ed aspettare la morte. "Why don't we just wait here for a little while, see what happens". Se un tempo si poteva chiedere alla gente di "continuare a scrutare il cielo", ora forse è troppo tardi e si è troppo stanchi per compiere qualsiasi azione. Abbiamo rinuciato, hanno vinto loro, le cose. Non c'è un finale, perchè la situazione, da allora, gli anni '80, non è più cambiata, né al cinema né nella vita. E questo Carpenter l'aveva profeticamente predetto, come altre cose che si sono poi puntualmente avverate: dagli aerei pieni di segreti che cadono su New York, alle esecuzioni trasmesse in Tv. Film postmoderno per eccellenza, tutto costruito sull'annullamento dei confini tra corpi e cose, sull'omologazione dilagante, The Thing è una pietra miliare nella storia del cinema, summa dei tentativi precedenti di portare l'horror e la fantascienza ad un nuovo splendore (Alien su tutti) e metro di paragone per il cinema successivo, sempre più schierato su due posizioni: da una parte il cinema non pensante, quello alla Michael Bay tanto per intenderci, che vieta categoricamente allo spettatore una qualsiasi libertà d'interpretazione quando non addiritura un'interpretazione stessa. è un cinema da McDonald's, preconfezionato e usa(USA?) e getta, sterile per definizione. Dall'altra parte i pochi baluardi di una resistenza "peckinpahniana", con registi validissimi costretti a "tener fermi i cavalli" o a prendersi enormi responsabilità sulle spalle. Inutile dire per chi tifano i cinefili. See what happens...

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