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Brutti, sporchi e cattivi

Regia di Ettore Scola vedi scheda film

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La recensione su Brutti, sporchi e cattivi

di maso
10 stelle

Film di un grottesco pazzesco che molti hanno accostato alle opere di Pasolini ma secondo me sbagliano completamente perchè il compianto regista emiliano avrebbe puntato tutto sulla drammaticità della storia e la tristezza della realtà umana che racconta rendendolo quasi inguardabile e deprimente mentre per il tono che lo pervade io lo avrei intitolato "Brutti, sporchi, cattivi e contenti" perchè la chilometrica famiglia di Giacinto Mazzatella composta dai nipoti piccolissimi fino alla anziana e sdentata madre non sembra patire affatto lo squallore disumano della propria condizione di vita ed è per questo che il fim lo si può rivedere all'infinto e considerare un capolavoro del cinema italiano.

Pasolini poi a mia modesta opinione sarebbe potuto andare a scuola da Scola: Pasolini era un regista minimalista e completamente statico nelle sue riprese che imprimeva vigore ai suoi film con la forza del racconto mentre Scola era un regista estroso e conoscitore di una miriade di tecniche di ripresa che sapeva sempre scegliere con oculatezza a seconda della scena da girare, non è un caso che per questa sua fatica dietro la macchina da presa fu premiato con la palma d'oro a Cannes.

Giacinto Mazzatella è un padre padrone di origine pugliese gretto e violento che vive con la sua gigantesca famiglia in una baraccopoli al di sopra della zona Boccea a Roma con vista sul cupolone, oltre alla moglie cicciona e la madre che sembra una strega all'interno della sua stamberga vivono i suoi dieci figli con relative consorti e prole ed un numero imprecisato "de sorci".

Campano come bestie e al commissariato per ognuno di loro c'è un faldone di 30 cm pieno di denunce tanto che il mostruoso questore non ne può proprio più.

Ogni giorno è un'avventura per i figli di Mazzatella: c'è chi fa il femminiello ma poi scopa travestito con la moglie mignotta del fratello in una scena in cui Giacinto sembra chiedersi se il mondo vada davvero al rovescio e i ruoli si sono invertiti, c'è chi privo di una gamba chiede spicci per strada, chi scippa, chi pensa solo alla Roma, chi sogna di fare il cantante e chi ha un lavoro vero da infermiera ma consola un anziano triste e malato facendogli una pippa non contemplata dal contratto, l'unica che come un raggio di luna si staglia dallo squallore è Tommasina che essendo bellissima guadgna bene facendo foto erotiche.

Su di loro domina Giacinto che come un pirata orbo ha un tesoro nascosto pari ad un milione che i suoi famigliari sognano di sottrargli e lui a sua volta sogna che se ne siano impossessati per soddisfare le loro esigenze più futili come una vasca da bagno, un materasso o dei televisori ultratecnologici per la madre videodipendente che impara l'inglese dalla tv; fra Giacinto e i suoi è una guerra continua, un gioco al gattaccio col sorcio nel quale non ci sarà nessuna pietà da ambo le parti ma il film pur snocciolando esplosioni di violenza e una scena drammatica e disturbante in cui Giacinto per disintossicarsi trangugia acqua di mare rimane sempre su un tono allegro e goliardico dove si muovono questi disgraziati che scopano continuamente fra loro come animali tanto che non si ha la certezza di chi sia padre o figlio o madre di chi.

Su uno stuolo di caratteristi efficaci tra i quali si riconoscono volti noti osservati nei film di Pasolini domina Nino Manfredi nel ruolo di Giacinto: la duttilità del grande attore romano gli consente di mettere in cascina un'altro ruolo memorabile della sua lunga lista.

Tante sequenze rimangono impresse in special modo quella dell'incubo di Giacinto in cui vede i suoi famigliari contenti di aver speso l'agognato milione in cui Scola sfodera una grande fantasia visiva e surreale del suo filmaking, tutta la sequenza del pranzo del battesimo con la conclusione disturbante in cui emerge una atmosfera agghiacciante e orrorifica attraverso i primi piani, ma una in particolar modo mi ha fatto piegare dalle risate quando la masnada di figli di Giacinto cerca il milione di lire imboscato in casa uno di loro infila una mano in un anfratto e grida "Oooh....trovato!.......è n'sorcio"

Stupendo e sottile il finale con la sua semplicità: nell'ultima scena si ode una musica di una tristezza infinita su una ragazzina incinta che all'alba di un nuovo giorno va ad una fontanella a prendere l'acqua, Scola sembra volerci dire "Abbiamo scherzato......qui non c'è niente da ridere".

 

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