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Il giglio nero

Regia di Mervyn LeRoy vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Il giglio nero

di ethan
8 stelle

 

In una anonima cittadina americana vive Rhoda Penmark (Patty McCormack), una bambina bionda, graziosa, con le treccine e dai modi sussieguosi, circondata dall'amore dei genitori, Christine (Nancy Kelly), donna bella ma fragile, tormentata da incubi ricorrenti riguardanti la sua infanzia e Kenneth (William Hopper), un militare che sta per lasciarle per motivi di lavoro; la famiglia condivide la casa con Monica (Evelyn Vanders), la padrona, un'anziana signora che ha la passione per la psicanalisi ed ha preso in simpatia Rhoda e il giardiniere LeRoy (Henry Jones), l'unico che non nutre simpatia per lei. Ad una festa con i bambini della scuola che Rhoda frequenta, uno di essi muore annegato e l'ultima persona che è stata vista con lui a dibattersi per una medaglia vinta dal bambino è proprio Rhoda... 

 

'Il giglio nero', che in originale suona con il ben più esplicito 'The Bad Seed', ovvero Il seme cattivo, è diretto da Mervyn Leroy e trae origine dal romanzo di William March che, a sua volta, ha generato la pièce teatrale di Maxwell Anderson alla base del film scritto da John Lee Mahin, della quale conserva gran parte del cast e l'impianto teatrale, con preponderanza della parola sull'azione.

L'incipit, introdotto da più variazioni dell'inquietante tema musicale che verrà ripetuto nell'arco della narrazione, ambientato nella radura che dà sul ponticello sullo stagno che sarà teatro della tragedia, proietta subito lo spettatore in un'oppressiva atmosfera da favola nera, con lampi e tuoni che non promettono nulla di buono e simboleggiano la tempesta che sta per scatenarsi nella comunità: poi, con uno stacco facciamo la conoscenza di tutti i personaggi principali, che si incontrano, salvo rare eccezioni, nell'appartamento dei Perkman, dove la piccola Rhoda, con moine ed inchini, conquista l'affetto di chiunque, eccetto l'anzidetto Leroy, che ha più screzi con lei e una volta avvenuto il fattaccio, comincia a sospettare che sia la colpevole. Dopo il fatto criminoso, si assiste sgomenti allo svelamento della terribile verità, che supererà ogni immaginazione e alle diverse reazioni degli attori coinvolti, con sviluppi impensabili, altri crimini confessati e commessi, una decisione-limite, che però, per ironia della sorte, farà svoltare ancora la storia dalla parte della bambina, fino allo sbalorditivo finale che si terrà nel luogo del misfatto, che avevamo visto nella scena d'apertura, a sottolineare l'andamento circolare e quindi favolistico della vicenda, ma con un esito diametralmente opposto, a causa di un intervento 'dall'alto' di madre natura che mette la parola 'FINE' sulla faccenda.

'Il giglio nero', tra i suoi tanti pregi, ha quello di ribaltare la prospettiva del bambino delineato o come una creatura zuccherosa e petulante o come una macchina per far piangere il pubblico, in ogni caso sempre positiva, fin dai tempi dei film con Shirley Temple, tratteggiando un 'mostro' dai connotati delicati e angelici ma che racchiude dentro di sé una personalità doppia (l'immagine di Rhoda è più volte riflessa dinnanzi a degli specchi) e un'animo 'diabolico', che non esita ad eliminare fisicamente con ogni mezzo qualunque persona che si frappone davanti a lei e ai suoi disparati obiettivi: l'anziana signora fatta scivolare sul ghiaccio per impossessarsi di una palla di vetro, il bambino spinto nello stagno per una medaglietta e per ultimo il giardiniere arso vivo in quanto in possesso di una prova che potrebbe incriminarla.

Pregevole la regia di Mervyn LeRoy, che mantiene l'impostazione teatrale del testo di origine, con poco ricorso all'azione - l'omicidio del bambino avviene con un ellissi e il suo accadere viene appreso per radio, quello della signora prima vittima della follia piscopatica della bambina viene narrata dalla stessa, mentre il più cruento è messo in atto mediante un raffinato uso del fuori campo, con le urla del malcapitato Leroy, a cui fanno da eco con un effetto stridente le note della nenia suonata con indifferenza da Rhoda al piano, senza che lei si veda poiché dietro la porta della sua stanza - vere e proprie entrate ed uscite degli attori nella quinta che è l'abitazione dei Penmark e un climax di tensione costante dall'inizio alla fine, nonché una resa lodevole da parte degli interpreti, su cui primeggia l'incredibile prova dell'undicenne Patty McCormack, che dà vita ad uno dei cattivi più impensabili che si siano mai visti sul grande schermo e a seguire Eileen Heckart, disperata e inconsolabile madre del bambino vittima di Rhoda, che non regge tale tragedia e letteralmente annega il suo dispiacere nell'alcool, e Henry Jones, nei panni del giardiniere che intuisce che c'è qualcosa che non va nella personalità della bambina ma proprio per questo diventa anch'egli una sua vittima, ed infine la madre interpretata da Nancy Kelly, che vive il dramma come una colpa atavica, poiché scoprendo di essere figlia adottiva di un'assassina e seguendo una teoria enunciata in una (discutibile) scena, pensa di aver trasmesso il seme cattivo alla figlia.

Si è discusso molto del finale, stravolto rispetto al romanzo, ma anche così il film - uscito nel 1956 - ha un impatto ed una forza ancora notevoli nonostante i quasi sessant'anni.

Quattro candidature all'Oscar - a Nancy Kelly (attrice protagonista), Patty McCormack e Eileen Heckart (attrici non protagoniste) e Harold Rosson (fotografia in b/n) - ma per l'Academy premiare un film così, specie la straordinaria Patty McCormack, sarebbe stato chiedere troppo...

Un gioiello che, da quel che ho letto, in America è un cult per più generazioni di spettatori.

Voto: 8.

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