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Chiamami col tuo nome

Regia di Luca Guadagnino vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Chiamami col tuo nome

di laulilla
9 stelle

Il film è un vero gioiello; era stato presentato un anno fa alla Berlinale, in una sezione speciale, ma qui da noi nessuno se ne era accorto, anche se da allora aveva raccolto prestigiose attestazioni di stima e riconoscimenti, fino alle ultime molto clamorose nomination ai Golden Globes e agli Oscar*.

Ci volevano quattro candidature all’Oscar perché la distribuzione italiana si accorgesse di questo miracoloso lavoro di Luca Guadagnino, regista di origine palermitana, di fama internazionale, molto stimato all’estero ma poco presente nelle nostre sale. Il suo film è un vero gioiello; era stato presentato un anno fa alla Berlinale, in una sezione speciale, ma qui da noi nessuno se ne era accorto, anche se da allora aveva raccolto prestigiose attestazioni di stima e riconoscimenti, fino alle ultime molto clamorose nomination ai Golden Globes e agli Oscar*.

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Il film è per alcuni aspetti molto semplice: è il racconto dell’amore estivo di un adolescente, in vacanza con la famiglia in un imprecisato luogo del nord Italia, inevitabilmente destinato a durare “l’espace d’un matin”. Si chiama Elio ( Timothée Chalamet), il protagonista; nel 1983, anno in cui viene collocata la vicenda del film, ha diciassette anni e comincia a radere i suoi primi baffi; il suo corpo è ancora molto esile, ma sta mutando, accompagnato da qualche segnale fisico di disagio: sangue dal naso, vomito… quasi corrispettivo metaforico delle incertezze tormentose sulla propria sessualità, nonché delle normali piccole insofferenze nei confronti del mondo degli adulti, di quei genitori (Michael Stuhlbarg, Amira Casar) così affettuosi da sembrare soffocanti, ma in realtà attentissimi, con impercettibile discrezione, ai suoi problemi: di questo vero e grande privilegio, insieme a Elio, infine, avremo tutti noi spettatori piena coscienza.

Durante la sua vacanza dorata, nell’avita casa di campagna, Elio legge, si vede con la sua amica Marzia (Esther Garrel) a cui dona le poesie di Antonia Pozzi, oppure scrive musica, suona la chitarra e il pianoforte, sul quale si diverte a variare le …Variazioni Goldberg di Bach, occupazioni impegnative che rivelano non solo interessi culturali che oggi sembrano insoliti per quell’età, ma anche un back-ground familiare neppure allora molto diffuso. La sua è una famiglia ebraica, in cui si parlano più lingue  (la madre è americana e di studi francesi) e la cultura è di casa: il padre, che insegna all’università, è un archeologo che ospita in estate giovani studenti stranieri, dottorandi che arrivano per soggiornare sei settimane, al fine di perfezionare la loro tesi, lavorando sul campo e imparando da lui.

Il 1983, accennato anche da una discussione a tavola fra amici che commentano gli ultimi significativi avvenimenti, è l’anno dell’arrivo dello studente Oliver (Armie Hammer), un giovane americano di ventiquattro anni, anch’egli di famiglia ebraica, la cui bellezza sportiva e sensuale ricorda quasi la bellezza suggestiva delle sculture antiche, riemerse come copie ellenistiche nei pressi di Sirmione dalle profondità del lago di Garda
L’acqua, da sempre ricca di significati culturali e simbolici, ha molto spazio nel film: è il lago dell’emersione dall’oscurità degli antichi reperti, è nei fontanili che diventano piscine per i tuffi; è nelle fontane delle cittadine intorno alla casa di campagna, è il bicchiere che disseta, offerto dalla contadina che sbuccia le verdure sulla soglia di casa, è quella che sgorga impetuosa nelle cascate che scendono dalle Alpi Orobie, alimentando i corsi d’acqua della valle, teatro dell’amore nascente di Elio per Oliver, la cui fascinosa bellezza oltre ad aver acceso le fantasie di molte ragazze, aveva colpito Elio. Non era stato facile, però, arrivare a lui, per il senso di responsabilità che gli veniva dalla sua età più matura e anche per il timore di deludere e di ferire quel tenero e fragile ragazzo innamorato lasciandosi invischiare in una passione senza futuro.
Il loro lento avvicinarsi, la gioia dei primi approcci, la tenerezza dolce e il reciproco desiderio impetuoso sono raccontati con delicatezza e grazia inarrivabili e giungono rapidamente alla nostra emotività, facendoci seguire con partecipazione pietosa gli sviluppi di quell’amore nascosto ma profondo che avrà inaspettatamente modo di manifestarsi per soli due giorni in un’esperienza di gioia vera e totale, importantissima per il futuro di entrambi, che hanno imparato a darsi l’uno all’altro, uscendo da sé e dalle proprie paure.

Il film è ricchissimo di riferimenti culturali: ad Antonia Pozzi, la grande poetessa novecentesca, legata a quel paesaggio alpino nel quale aveva cercato la morte; alla pittura di Renoir; alla cinematografia di Bernardo Bertolucci, grande narratore di paesaggi padani (Novecento) e di turbamenti giovanili (The DreamersIo ballo da solaIo e te) nonché a quella degli interni borghesi viscontiani. Il film si presenta, tuttavia, molto compatto, grazie anche alla bellissima sceneggiatura che il regista ha condiviso con James Ivory, il vecchio regista, dal romanzo di André Aciman edito da Guanda qualche anno fa  e opportunamente ristampato e oggi reperibile. Da vedere !

Nuit de juin! Dix-sept ans! – On se laisse griser.
La sève est du champagne et vous monte à la tête…
On divague; on se sent aux lèvres un baiser
Qui palpite là, comme une petite bête…
 (Arthur Rimbaud)

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Sulle ragioni che hanno spinto Luca Guadagnino a produrre e creare i suoi film per l’estero prima che per l’Italia raccomando la lettura della più che istruttiva intervista che la giornalista Cristina Battocletti gli aveva fatto il 9 febbraio2017 per Il Sole 24 Ore. L’intervista è preceduta da alcune notizie sulla Berlinale che si possono tranquillamente ignorare e viene subito dopo il trailer in lingua originale di questo film.

 

 

 

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