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Il paradiso dei barbari

Regia di Nicholas Ray vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Il paradiso dei barbari

di rocky85
7 stelle

Scorrendo i titoli che compongono le filmografie dei grandi registi, ci si imbatte sempre in qualche opera minore per lo più sconosciuta, irrisolta o imperfetta ma comunque meritevole di un approfondito recupero. Discorso che vale ancora di più per Nicholas Ray, autore tra i più importanti e controversi che il cinema americano abbia mai avuto. Artista eccentrico, dal carattere turbolento e ribelle, Ray si cimentò nei generi classici stravolgendoli e rivoluzionandoli dall'interno. Regista geniale che ha saputo affrontare tematiche generazionali e sociali attraverso una virtosistica tecnica registica ed un uso strabiliante del colore, in costante bilico tra classicismo e modernità. Ebbene i suoi capolavori sono noti al grande pubblico di tutte le età, un pò meno conosciuti sono invece altri titoli. Uno di questi è Il paradiso dei barbari (Wind Across the Everglades, 1958), film che risente indubbiamente delle conseguenze di una lavorazione contrastata. Reduce da una serie di buoni successi anche commerciali (Gioventù bruciata su tutti), Ray viene ingaggiato dal produttore Stuart Schulberg e da suo fratello Budd, sceneggiatore del film. La direzione che il regista imposta per il suo film, visionaria e barocca, non piace però ai produttori. Inoltre, fin dall'inizio delle riprese, il comportamento del regista non è per niente irreprensibile: spesso ubriaco e drogato sul set, alterna momenti di tranquillità ad altri di isterismo e superficialità. Dopo due mesi Ray viene allontanato ed estromesso anche dal montaggio finale, che verrà curato dallo stesso Budd Schulberg. E quello che doveva essere un film avventuroso dal respiro classico, si trasforma in un'opera strana e eccessiva, con un gusto marcato per il tetro e per l'istrionismo.

La storia prende le mosse alla fine dell'Ottocento, quando si apre per gli Stati Uniti un nuovo orizzonte: la Florida meridionale. Come il selvaggio West, la Florida è un luogo impervio e ancora incontaminato, una terra di nessuno dove la violenza e l'irrazionalità sono le uniche logiche possibili. In questo contesto, cominciano a giungere avventurieri e donne di alti strati sociali, interessate, queste ultime, a procurarsi cappelli ornati dalle piume dei cosiddetti "uccelli del paradiso". Queste piume vengono procurate attraverso il massacro giornaliero di migliaia di uccelli, rifugutisi in una riserva sulle sponde delle zone paludose. Qui, sotto il comando del rude ed enorme Caporosso (Burl Ives), vivono un gruppo di cacciatori allo stato brado, uomini lontani dalla civilizzazione e dal progresso. A loro si oppone il giovane ed idealista insegnante Walt Murdock (Christopher Plummer), deciso ad affrontare il titanico cacciatore pur di fermare lo sterminio.

Se le scelte narrative non sempre convincono, è innegabile però che Il paradiso dei barbari è film barocco e colorato, a tratti sorprendente e formalmente stupendo. Nicholas Ray si immerge in una natura vergine pura ed arcaica, si sofferma sullo sguardo inerte degli ucccelli del paradiso che aspettano di essere massacrati o sulla imponenza dei coccodrilli che divorano famelicamente le loro prede. Si concentra sul rapporto ambiguo tra i due personaggi principali, attratti l'un l'altro da una idea di rivolta contro quella «soffocante tela di ragno che si chiama civiltà». E regala alcune sequenze, pur se abbreviate dal montaggio, di incredibile respiro visivo e sonoro. Quadri in movimento disegnati da un artista maledetto, incompreso e vilipendiato, ma indiscutibilmente immenso.

 

«Io credo che c'è una sola parola che abbraccia i sentimenti di questi miei sciagurati compagni: ribellione!»

 

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