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Il salario della paura

Regia di William Friedkin vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Il salario della paura

di ethan
9 stelle

Veracruz, Messico, un sicario (Francisco Rabal) uccide una persona e scappa; l'azione si sposta a Gerusalemme, dove Kassim (Amidou) e altri due terroristi fanno saltare in aria un pullman pieno zeppo di gente, si dileguano ma vengono presto ritrovati e solo lui riesce a salvarsi e a fuggire; Parigi, un affarista, Victor (Bruno Cremer) finisce in una truffa di grosse proporzioni e dopo aver visto il cognato suicidarsi, si dà alla fuga; siamo ora nel New Jersey e una rapina, culminata con il ferimento di un parroco, che poi si scoprirà imparentato con un malavitoso, finisce nel sangue a causa di una svista del guidatore, Jackie Scanlon (Roy Scheider), che però è l'unico a salvarsi ma è invitato a dileguarsi per evitare la vendetta del mafioso.

Con una cesura netta, la location diventa unica, Porvenir, un imprecisato posto nel Centro America, dove i quattro fuggitivi si ritrovano, insieme ad altri disperati, a lavorare per una compagnia petrolifera, in condizioni di vita piuttosto disagiate: per domare un incendio servirebbe dell'esplosivo, diventato pericolosissimo per il rilascio di nitroglicerina, e per tale impresa ai limiti del possibile, vengono reclutati proprio i quattro che avevamo conosciuto nell'incipit. Inizia l'accidentato viaggio, pieno di insidie naturali ed 'umane'.

William Friedkin, dopo i successi mondiali di 'Il braccio violento della legge' e 'L'esorcista', cambia rotta con 'Il salario della paura', allucinato, visionario e delirante rifacimento di 'Vite vendute' di Henry-Georges Clouzot del 1953.

L'opera è suddivisa in quattro parti ben distinte, ossia un prologo dove conosciamo i quattro protagonisti e le vicissitudini che li hanno costretti ad espatriare, una parte per così dire intermedia, in cui si assiste, con immagini improntate ad un crudo realismo, alla loro vita 'di frontiera', tra giornate massacranti di lavoro dove la paga è bassa e la sicurezza è a dir poco un miraggio e momenti di riposo passati in luride catapecchie o in locali malfamati a crogiolarsi e tormentarsi nei ricordi del loro passato, lontani da quel luogo che è l'anticamera dell'inferno, per poi passare al 'cuore' del film, con i due camion - uno 'Sorcerer', che è anche il titolo originale del film, e l'altro Lazaro - il materiale da trasportare e la giungla, l'inferno vero, dove ci sono i nemici più insidiosi, la natura che, nei confronti dell'uomo, prevale quasi sempre ed il destino che, sotto forma di un sasso sul sentiero o una banda di individui altrettanto disperati, si mette di traverso, fino all'epilogo, dove pareva essere tornata un po' di serenità e speranza per il futuro di chi ce l'ha fatta, subito negata da un'inquadratura che, nonostante il finale viene lasciato all'immaginazione dello spettatore, non promette nulla di buono.

Il film di Friedkin è basato su un montaggio secco e preciso nelle prime scene che mostrano quelli che poi saranno i protagonisti, compassato nella seconda lunga parte e accelerato e compulsivo nella parte 'on the road', su dei dialoghi laconici ed incisivi - Victor dice a Jackie in un momento di svago nella taverna, il motivo per cui si trova anch'egli lì: ''Mi han detto che c'era un ottimo clima'' - e costruito su personaggi che sono una via di mezzo tra gli outsider, i perdenti di Sam Peckinpah, ma con legami non improntati sull'amicizia e la parola data, ma sulla convenienza - Jackie, quando pensa che due di loro sono morti, dice a Nilo (Francisco Rabal) che i soldi ora se li divideranno loro due - e i protagonisti di tanto cinema di John Huston, con una visione dell'esistenza vista come una dura lotta per la sopravvivenza nella quale spesso e volentieri si soccombe, il tutto facente parte di un crescendo di tensione a tratti insostenibile, prima sul ponte malandato, poi nella corsa interrotta da un sasso, nell'agguato, con la squadra ormai ridotta a una sola unità, con contorni che sconfinano nell'onirico, grazie al sapiente uso della fotografia dai toni biancastri in un paesaggio che pare lunare.

Anche se molti hanno storto il naso per il cast, penso che invece la scelta di attori più o meno conosciuti ma non certo delle star, in ogni caso sia comunque efficace poiché i volti scavati dalla fatica, disillusi e tormentati dai fantasmi del passato di Roy Scheider, Bruno Cremer, Francisco Rabal e Amidou sono difficili da dimenticare, così come la martellante colonna sonora dei Tangerine Dream.

Un film che alla sua uscita fu un mezzo fiasco ma che, con il passare degli anni, ha raggiunto e acquisito tutta la considerazione che si merita.

Voto: 9.

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