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Il salario della paura

Regia di William Friedkin vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Il salario della paura

di joseba
8 stelle

Costretti a fuggire dai rispettivi paesi di origine per evitare il carcere o ritorsioni vendicative, quattro uomini si ritrovano in un villaggio sperduto dell’America Latina. Poveri in canna e senza possibilità di espatrio, i quattro – un rapinatore americano (Roy Scheider), un terrorista arabo (Amidou), uno speculatore finanziario francese (Bruno Cremer) e un killer messicano (Francisco Rabal) – accettano un incarico suicida: trasportare su due camion malandati sei casse di candelotti esplosivi avariati pronti ad esplodere al primo scossone. Se riusciranno a portare il carico fino a Poza Rica, dove l’incendio di un pozzo petrolifero può essere spento solo grazie a un’esplosione, riceveranno una ricompensa che permetterà loro di rifarsi una vita. Dal punto di arrivo li separano 218 miglia di strade sterrate nella giungla. Friedkin sventra il film di Clouzot ("Le salaire de la peur", 1953) e con le sue viscere compone un remake allucinato e selvaggio: psicologie in regressione, primitivismo ambientale e atmosfere tra il primordiale e lo stregato. A differenza della pellicola originale, tutta giocata sulle differenze di personalità dei quattro trasportatori, "Sorcerer" (il titolo originale si riferisce al nome di uno dei due camion, evocando al tempo stesso le forze maligne contro cui devono lottare i protagonisti) ha la sua ragion d’essere nella furia degli elementi naturali: il fiammeggiare del pozzo, l’impetuosità degli acquazzoni, la turbolenza del vento, lo sgretolarsi del terreno. La natura, ghignante incarnazione del fato, si accanisce contro il convoglio, opponendo ogni tipo di ostacolo: piogge torrenziali, fiumi in piena, alberi trasportati dalla corrente, tronchi precipitati sulla strada. E, ovviamente, strade irte di insidie. Incipit da pelle d’oca alta due centimetri: secco, esplosivo, brutale, amarissimo. Friedkin utilizza i primi venticinque minuti per costruire il vissuto dei personaggi (totalmente assente nel film di Clouzot, che si apre nel villaggio latinoamericano), schivando tuttavia ogni psicologismo e facendo scaturire le personalità dall'azione (spiccio e cinico il killer, agile e impulsivo il terrorista, spregiudicato e romantico lo speculatore, avventato e spaesato il rapinatore). Quattro personaggi che hanno fatto il passo più lungo della gamba e si trovano obbligati a cambiare aria per salvare la pelle. Potenziato dalle sonorità elettroniche dei Tangerine Dream, il taglio documentaristico delle immagini è assicurato da una camera a mano nervosissima e sostenuto da un ritmo senza cedimenti o cali di tensione. L'ultimo dei personaggi presentati è Scanlon (Scheider), pesce piccolo della mala newyorkese che, insieme ad altri tre criminali, ha rapinato una chiesa protetta da un boss potente e vendicativo. L'arrivo nella Repubblica Dominicana (mai nominata) segna una cesura netta: al forsennato dinamismo del primo quarto di film subentra una fase di stallo apparente. Esasperato dal clima caldo-umido, il torpore dello sperduto villaggio è tuttavia costellato di piccoli episodi (il lavoro nella compagnia petrolifera, gli infruttuosi tentativi di procurarsi una via di fuga, l'arrivo del killer messicano, le estorsioni della polizia locale) che preparano l'evento scatenante: l'incendio doloso del pozzo di Poza Rica (a 218 miglia di distanza) e il reclutamento di quattro camionisti disposti a rischiare la vita pur di guadagnare il denaro necessario a lasciare il paese e ricominciare da capo. Anche in questa sezione a dominare sono riprese semidocumentaristiche, più attente a descrivere il contesto e le azioni che a raccontare la storia per filo e per segno. Friedkin si lascia stregare dalle notazioni d'ambiente, dando vita ad immagini quasi herzoghiane nella loro sorda primordialità. La partenza per Poza Rica si colloca esattamente a metà film e da questo momento in poi "Sorcerer" azzera la caratterizzazione psicologica per lanciarsi in un'immersione furiosamente regressiva nella "wilderness": Friedkin elimina brutalmente le pause dialogate negli abitacoli che scandivano il tragitto dell'originale e, sfruttando poderosamente le location reali (a differenza di Clouzot, obbligato a "latinoamericanizzare" la Provenza), ingaggia una lotta all'ultimo sangue tra l'Uomo e la Natura (connotata precolombianamente, come le dispettose apparizioni dei nativi testimoniano in modo inequivocabile). Strada facendo, i camion incontrano sì ostacoli sempre più pericolosi, ciononostante le difficoltà non sono più funzionali a far emergere le qualità dei singoli (cosa che avveniva ne "Le salaire de la peur") ma configurano una vera e propria lotta per la sopravvivenza. E, a mostrare come sia proprio l'intervento umano a rappresentare l'estremo pericolo, Friedkin rimpiazza l'episodio del lago di petrolio dell'originale con un'imboscata di guerriglieri armati fino ai denti. Superata la prova e rimasto faccia a faccia con la morte, Scanlon (ribattezzatosi Dominguez) si addentra in un paesaggio spettralmente desertico, mentre sul pallore cadaverico del suo volto si alternano i ricordi più angosciosi della rapina e del viaggio. E' in questa parte che lo stile abbandona l'impronta semidocumentaristica per farsi allucinato, grottesco, delirante: vertiginosi zoom in avanti e all'indietro, sovrimpressioni visive e sonore, inserti disturbanti e sonorità violentemente distorte rendono l'arrivo al pozzo un autentico incubo. Lasciato a piedi dal camion e deposto il cadavere del compagno di viaggio, Scanlon percorre barcollando l'ultimo miglio, stramazzando al suolo non appena giunto a destinazione. E' un uomo distrutto fisicamente e psichicamente quello che porta a termine l'impresa e l'epilogo, in cui il sopravvissuto riceve la ricompensa e un nuovo passaporto, ce lo mostra depresso, demotivato, pronto a ricevere il colpo di grazia. Che, senza alcuna concessione all'ottimismo e alla speranza, Friedkin si premura di recapitargli a domicilio pur non rappresentandolo apertamente. Definitiva rinuncia alla logica spettacolare di un film che, costato più di 22 milioni di dollari, non poteva che risolversi in un fallimento commerciale, riuscendo a incassarne soltanto 12. Personalmente lo preferisco all'originale e ringrazio di cuore l'amico che mi ha dato l'opportunità di vederlo.

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