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Grido di libertà

Regia di Richard Attenborough vedi scheda film

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La recensione su Grido di libertà

di lamettrie
9 stelle

Un film eccellente sull’apartheid e, in generale, sul razzismo. Fa capire bene come siano insostenibili le tesi sulla superiorità biologica di una razza sulle altre, anche perché non esiste una differenza netta che la natura ha posto tra le varie razze. Il film non mostra, come invece vuole tanta falsa e inconsistente retorica di estrema sinistra e cristiana, che tutti gli uomini sono uguali in tutto e per tutto; mostra invece che gli uomini hanno tutti i medesimi diritti fondamentali inalienabili, derivanti dalla nascita. E mostra anche che, all’interno di gruppi sociali discriminati, esistano delle eccellenze in senso assoluto come persone meno dotate e tutti i gradi intermedi; e ciò non differisce dal caso dei gruppi sociali meno discriminati, in cui esistono delle eccellenze in senso assoluto così come persone meno dotate e tutti i gradi intermedi.

La pellicola ha il pregio di mostrare ciò attraverso uno dei casi più vergognosi per la cultura occidentale, e quindi in senso lato la cultura bianca e cristiana: l’apartheid dei neri nel Sud Africa. Di casi del genere ce ne sono stati purtroppo tantissimi, ma questo si presta meglio anche perché al tempo erano in vita dei testimoni oculari che non potevano essere occultati, come invece è successo una miriade di altre volte. Ma il motivo per cui questi testimoni non potevano essere occultati deriva solo dall’antica concorrenza che tra i bianchi c’era per lo sfruttamento ingiustificato su altri: non deriva certo dalla vocazione per la promozione dei diritti umani in generale. Quindi, l’aiuto che i britannici diedero a questa causa deriva soprattutto dalla rivalità con gli olandesi a suo tempo vinti (e anche distrutti nei campi di concentramento per l’occorrenza inventati nella guerra boera), mica per l’umanitarismo, che vede i britannici vergognosamente colpevoli in migliaia di altri casi. Il regista Attenborough non può affatto essere considerato un regista filo britannico, come dimostra il precedente “Gandhi”; in ogni caso le esigenze commerciali non possono essergli state estranee: altrimenti non avrebbe vinto l’Oscar, pur con tute le migliori intenzioni e il grande valore stesso del film “Gandhi”. Uno dei tanti meriti di questa pellicola è proprio quello, indispensabile per tutti gli uomini di cultura, di riuscire a mettere assieme questi due aspetti: la necessità di non tradire la denuncia in favore dei diritti umani, da una parte, e dall’altra quella di non vedere compromessa la diffusione della stessa opera d’arte.

La regia è perfetta, nel senso che tiene assieme la spettacolarità senza tradire la realtà della denuncia storica e del messaggio su un argomento così importante. Due ore e mezza passano in fretta, in mezzo anche a tante scene e immagini memorabili.  Fotografia, scenografia, colonna sonora, recitazione sono ottime, così come soprattutto lo è la sceneggiatura. Quest’ultima non cade mai nel banale, come succede molto facilmente quando si parla di razzismo: è di tono elevato, anche perché si basa su un eroe realmente esistito, come il protagonista Biko, il quale ha pagato in prima persona, e nel modo più atroce, la ricerca del rispetto della propria dignità.

Una grandiosa opera d’arte e di storia, , di cinema e di giornalismo. Non sono nero ma, se lo fossi, questa sarebbe un’opera di riferimento irrinunciabile. E ciò non toglie che tale opera sia apprezzabilissima e da divulgare anche in generale, non solo per chi è nero.

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