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Il libro di Henry

Regia di Colin Trevorrow vedi scheda film

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La recensione su Il libro di Henry

di leporello
8 stelle

Il pregio maggiore di “The Book of Henry” è di essere un film molto chiaro, schietto e sincero, anche là dove certe “aperture” potrebbero far storcere il naso ai puristi della logica e della razionalità. E’ molto ben definito tutto il contesto affettivo (e solo secondariamente, per me, sociale) della bella famiglia Carpenter: mamma Susan (Naomi Watts, in gambissima come sempre), onesta e modesta nelle forme e nella sostanza, il primogenito Henry (Jaeden Lieberher, no so quanto furbescamente somigliante al primissimo Harry Potter), bambino prodigio talmente prodigio che nessuno, tranne mamma Susan e il suo fratellino Peter, sa bene come poter gestire nella maniera più opportuna, e il piccolo di casa (uno Jacob Tremblay già favoloso nello splendido “Room” di Lenny Abrahamson), così precocemente pronto ad assumersi le responsabilità di tutte le fortune e le sfortune che la vita gli porge.
Accanto a questo terzetto già di per sé completo (il film, nella prima mezz’ora, prima dell’evento che cambierà tutto lo scenario, non racconta niente di più, e scorre efficacemente senza necessitare d’altro), la sceneggiatura pone  il “core” della vicenda: un vicino di casa burbero e potente, di poche e scostanti parole, che vive con la sua figliastra e compagna di scuola di Henry  (nei sogni di mamma Susan, anche futura nuora), in un ménage subito rivelato essere torbido  e che legherà il destino dei protagonisti.
La regia di Colin Trevorrow sa raccontare bene, soprattutto perché non si nasconde dietro a nulla e lascia venire a galla, nonostante alcuni (trascurabili) fronzoli di sceneggiatura (l’inserimento simpatico e comunque azzeccato di Sheila, amica e collega di Susan, ma anche del dottore/corteggiatore belloccio quanto insulso, se non nell’ottica della “speranza” di una nuova vita), un sentimentalismo pulito, facilmente assimilabile, nonostante la storia sia certamente una storia “al limite” e non certo di ordinaria quotidianità, puntellandosi abilmente non solo nella concreta amabilità della prima mezz’ora, ma anche su quegli snodi che, pur palesemente artefatti e non spiegati (volutamente, credo, come la rendita nascosta di cui gode la famiglia  Carpenter), convergono tutti, con estrema efficacia, a suscitare un’emozione sincera e credibile.
Da non sottovalutare alcune abilità narrative considerevoli: una su tutte la piccola Christina che danza nel saggio della scuola donando il suo corpo a quel mondo che del suo corpo ha fatto scempio mentre fuori il mondo fa scempio di se stesso; e un’altra, proprio in chiusura, dove un’armonia, che pur mai era stata richiesta, fa capolino tra la porta forse aperta, forse chiusa, tra la luce forse lasciata accesa e forse spenta, di una nuova, insperata camera da letto della ritrovata, splendida famiglia Carpenter.
   

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