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La battaglia di Algeri

Regia di Gillo Pontecorvo vedi scheda film

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La recensione su La battaglia di Algeri

di port cros
10 stelle

Magnifica ricostruzione storica di Gillo Pontecorvo che rievoca la lotta, di pochi anni precedente, degli algerini contro il dominio coloniale francese, in particolare la strategia del Fronte di Liberazione Nazionale e dei suoi dirigenti ad Algeri e la caccia con ogni mezzo scatenata dai militari francesi per decapitare i vertici del FLN, nella convinzione che ciò avrebbe tarpato per sempre le ali al movimento indipendentista.

Dramma storico girato con stile documentaristico e neorealista, attraverso l'utilizzo di attori non professionisti, il film mostra con grande chiarezza la spirale di terrorismo, rappresaglie e tortura che ancora oggi caratterizza i conflitti cosiddetti "asimmetrici", tra un esercito regolare straniero dotato di armi pesanti e una guerriglia auto-organizzata, povera di mezzi ma sostenuta da un consenso popolare diffuso.

 

 

Pontecorvo parteggia ovviamente per gli algerini e denuncia la tortura praticata dai parà francesi (ce n'è anche una molto simile al moderno "waterboarding"), ma mostra anche le vittime civili francesi del terrorismo, e in generale la logica spietata che muove entrambe le parti in un conflitto, dove il valore della vita umana del nemico perde significato rispetto allo scopo politico perseguito. Così vediamo le ragazze ribelli che portano le bombe nei locali dove giovani francesi ballano spensierati ma anche le reazioni razziste dei francesi per cui ogni algerino viene visto come un potenziale assassino terorista (tutto ciò mi pare di estrema attualità per quanto riguarda ad esempio il conflitto palestinese-israeliano). La crudeltà della guerra è mostrata da Pontecorvo senza sconti, in tutta la sua ferocia, ma evitando il pietismo e la lacrima facile, nella giusta convinzione che l'esposizione oggettiva e dettagliata dei fatti sia sufficiente a mostrarne in pieno l'orrore. Anche il generale francese Mathieu, fautore dell'uso della tortura e delle maniere spietate per piegare la rivolta, non è mai rappresentato come un "mostro" sadico, anzi mostra rispetto per i capi nemici e rivendica la sua partecipazione alla lotta contro il nazismo. Nonostante l'importanza data ai quattro capi del FLN su cui si concentra la caccia all'uomo di Mathieu, il regista evita di concentrarsi su un protagonista in particolare e privilegia le scene collettive in cui il protagonista è proprio il popolo algerino. 

 

 

La regia di Pontecorvo è magistrale: le immagini di un bianco e nero nitido (splendida la fotografia di Marcello Gatti) del dedalo di viuzze della Casbah di Algeri in cui si annidano i ribelli (Pontecorvo ottenne il permesso di girare in loco), dei volti segnati ed estremamente espressivi dei personaggi su cui il regista si sofferma come a farne dei ritratti (rimane impresso soprattutto quello pieno di dignità e coraggio di Ali La Pointe), il montaggio che segue con precisone documentaristica l'evolversi dei fatti senza mai perdere ritmo, tensione e compattezza, grazie ad una sceneggiatura serrata e rigorosa di Franco Solinas, basata su un'accurata ricerca storica, e anche all'accompagnamento delle musiche composte dal maestro Ennio Morricone e dallo stesso Pontecorvo.

 

 

Sicuramente uno dei grandi capolavori del cinema italiano degli anni 60, forse oggi non ricordato, studiato e celebrato come meriterebbe.

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