Espandi menu
cerca
Milano calibro 9

Regia di Fernando Di Leo vedi scheda film

Recensioni

L'autore

ethan

ethan

Iscritto dal 21 luglio 2002 Vai al suo profilo
  • Seguaci 162
  • Post -
  • Recensioni 1602
  • Playlist 7
Mandagli un messaggio
Messaggio inviato!
Messaggio inviato!
chiudi
Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Milano calibro 9

di ethan
8 stelle

'Milano calibro 9', primo capitolo della 'Trilogia del milieu' è un gangster-noir-poliziesco diretto in maniera tesa e con alcuni veri e propri virtuosismi registici da Fernando di Leo.

Il regista pugliese trae il suo film dai racconti di Scerbanenco, scrivendo soggetto, sceneggiatura e dialoghi, affrontando la materia con una violenza radicale, parossistica e cupa con pochi eguali nel nostro cinema.

La storia è incentrata su Ugo Piazza (un imperturbabile, strepitoso Gastone Moschin), delinquente che esce di prigione e viene pedinato dai Carabinieri e braccato dai suoi ex complici, tutti al soldo dell'americano e comandati dal brutale Rocco (Mario Adorf, anch'egli molto bravo, in uno stile di recitazione diametralmente opposto a Moschin) a causa di un malloppo sparito dopo uno scambio tra corrieri e conclusosi con un pugno di mosche in mano per la gang che non può far altro che vendicarsi facendo saltare per aria gli sventurati e ignari galoppini.

Nella vicenda si intromette anche la componente femminile, una splendida Barbara Bouchet nelle vesti di Nelly, una ballerina di night club che in passato era stata la ragazza di Ugo Piazza.

Tra esplosioni incontrollate di violenza, bombe, traffico illecito di denaro, si arriva a un finale clamoroso e senza speranza, in cui ogni certezza viene ribaltata.

Oltre allo straordinario attacco, tutto basato su montaggio secco, dialoghi stringati e ridotti all'osso, accompagnati dal leit motiv martellante composto da Luis Bacalov con le strumentazioni degli Osanna, da menzionare il ballo sui tavoli della Bouchet, illuminato con colori saturi e arditi punti di vista di ripresa, che è piaciuto così tanto a Tarantino da citarlo nel suo 'Grindhouse', e il regolamento di conti con il clan dell'americano da una parte e Chino (un sorprendente Philippe Leroy) dall'altra con Ugo Piazza a fare il doppio (o triplo) gioco e, ovviamente il suddetto finale, il quale è meglio non svelare.

Se da un lato la livida fotografia in esterni di Franco Villa contribuisce a creare un valore aggiunto al film, dando un'immagine del capoluogo lombardo perennemente immerso nella nebbia, distante anni luce da quella che, da lì a pochi anni, verrà definita la 'Milano da bere', l'unico neo di un'opera di grande valore sta nella parte puramente poliziesca, a dire il vero un po' debole, specie nella schematica descrizione dei personaggi del Commissario (Frank Wolff) e del suo vice (Luigi Pistilli), l'uno destrorso e l'altro progressista, i quali continuano a beccarsi per la loro visione diametralmente opposta di società e giustizia. 

Voto: 8.

Ti è stata utile questa recensione? Utile per Per te?

Commenta

Avatar utente

Per poter commentare occorre aver fatto login.
Se non sei ancora iscritto Registrati