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Il bruto e la bella

Regia di Vincente Minnelli vedi scheda film

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FABIO1971

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La recensione su Il bruto e la bella

di FABIO1971
8 stelle

"Mi sposeresti, Jonathan?"

"Nemmeno per scommessa."
"
È un peccato."
"Perchè?"
"Sarei stata una buona moglie."
"Non mi occorre una moglie adesso, ma una stella."
[Lana Turner a Kirk Douglas]

Ascesa e caduta di Jonathan Shields (il bruto, uno straordinario Kirk Douglas, costretto ad arrendersi nella notte degli Oscar al Gary Cooper di Mezzogiorno di fuoco), ambizioso produttore cinematografico che, per realizzare il suo nuovo film, si rivolge al regista (Barry Sullivan), all'attrice (Lana Turner, è lei la bella del titolo) e allo sceneggiatore (Dick Powell) che in passato avevano collaborato con lui e, sempre grazie a lui, avevano raggiunto fama e successo: Il bruto e la bella, attraverso i ricordi in flashback dei tre ex-collaboratori di Shields, ne descrive la tormentata carriera e la parabola umana e professionale, segnata dall'opportunismo, dalla falsità e dall'arrivismo. Ne emerge il ritratto di un uomo cinico e insensibile, appassionato tycoon hollywoodiano della celluloide ma crudele e spietato nell'infliggere ferite laceranti a chi gli aveva accordato fiducia. Quelle stesse persone che adesso, nuovamente contattate, avrebbero più di un motivo per fargliela pagare. E invece... Scritto da Charles Schnee (Il fiume rosso di Howard Hawks, La donna del bandito e La seduttrice di Nicholas Ray e Le furie di Anthony Mann tra i suoi script) da un soggetto del George Bradshaw che già aveva scandagliato l'universo hollywoodiano fornendo nel 1939 l'ìspirazione a Ho trovato una stella di Sidney Lanfield, Il bruto e la bella (premiato con cinque Oscar: a Gloria Grahame, miglior attrice non protagonista, e a sceneggiatura, fotografia, costumi e scenografie) costituisce una spettacolare e stilisticamente sontuosa disamina dell'avventura cinematografica, dal processo creativo alle dinamiche produttive: Minnelli innesta tra le maglie del melodramma le frecciate all'industria hollywoodiana, tratteggiandone, senza risparmiare nessuno, un quadro credibile e tutt'altro che idilliaco, frammentando i punti di vista della narrazione nelle molteplici "visioni" della vicenda scandite dai flashback ed affidandosi alle suggestioni della messinscena, che la stratosferica fotografia dell'immenso Robert Surtees immerge in affascinanti e spettrali chiaroscuri, tra virtuosismi registici (il piano sequenza durante il party, ad esempio) e dramma, passioni infuocate e tragedia. Manca al film (che già soffre di qualche eccessivo schematismo nella caratterizzazione dei personaggi), però, la forza drammaturgica del climax emotivo di un finale "potente", conclusione che invece si scioglie come neve al sole in un happy end dissonante, metafora minnelliana delle ingerenze produttive più pesanti: come "deve" finire un film su Hollywood? Come la maggior parte dei film hollywoodiani, cioè con un lieto fine imposto dalla produzione (e qui il producer è John Houseman e Il bruto e la bella, non va dimenticato, è anche un "suo" film). Affiancandosi a titoli come la versione di A Star Is Born diretta da William A. Wellman, I dimenticati di Preston Sturges e, soprattutto, Viale del tramonto di Billy Wilder nel dipingere impietosamente la fiera delle illusioni alla base dell'universo cinematografico, Il bruto e la bella si rivela, nella filmografia del regista di Chicago, opera atipica e ispirata nel contaminare satira, commedia e biopic sui generis con i toni fiammeggianti del melò, contrappuntandone le atmosfere più evocative con una sfrenata ed irresistibile ironia, che si prende gioco ed omaggia, nella finzione filmica, le illustri personalità (da Selznick a Faulkner, i primi immediatamente individuabili) della Hollywood che conta. "Quello che non si riesce a fare girando, si fa al montaggio: un uomo innamorato e stacco su un cactus, una donna impazzisce e dissolvi su un treno. Montaggio, montaggio, montaggio...".

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