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Brubaker

Regia di Stuart Rosenberg vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Brubaker

di jonas
8 stelle

Il nuovo direttore del carcere di Wakefield (Arkansas) cerca di introdurre riforme, ma viene stoppato dai superiori. Prima mezz’ora scioccante, con Brubaker che si introduce in prigione fingendosi un detenuto senza che neanche lo spettatore lo sappia: così ci troviamo immersi insieme a lui in un clima di violenza e abusi, dove alcuni galeotti privilegiati spadroneggiano liberamente sulla massa degli altri. La parte centrale si normalizza, ma non scade mai nel manicheismo: le opposizioni a Brubaker non provengono solo dagli ottusi burocrati, il che è prevedibile, ma anche dai liberal che lo hanno inizialmente appoggiato e ora cominciano a nutrire dubbi sul suo operato; semmai ci si può chiedere perché non completi l’operazione di piazza pulita, lasciando al suo posto l’infido sovrintendente. Così si arriva alla questione di principio che costituisce il punto cruciale del film: Brubaker potrebbe ottenere dal mellifluo senatore tutti i fondi che vuole e avere mano libera nel gestirli, purché sia disposto a chiudere un occhio su duecento morti ammazzati che sono fatti sparire nel corso degli anni e i cui cadaveri cominciano a riaffiorare; lui rifiuta, ed esce di scena con un’apoteosi postuma in un finale trascinante. Ammirevole prova di Redford, rabbioso ma misurato: il film è soprattutto suo, anche se Stuart Rosenberg aveva già diretto un classico del filone carcerario come Nick mano fredda; cronologicamente siamo nel 1980, ma idealmente è ancora un pezzo degli anni ’70.

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