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Break Up

Regia di Marco Ferreri vedi scheda film

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La recensione su Break Up

di EightAndHalf
8 stelle

Break Up - L'uomo dei cinque palloni è forse una delle opere più importanti di Marco Ferreri. Nasce nel 1965 , e subisce una quantità esorbitante di problemi sia con la produzione di Carlo Ponti che con la censura; viene addirittura ridotto a un episodio di Oggi, domani e dopodomani, una volta tagliato di un'ora (da circa 90 a 26 minuti). Rieditato negli anni '70, e rimontato con nuovi nessi di montaggio, Break Up assume la forma che si è potuta vedere alla proiezione di Venezia Classici a Venezia 73, un'edizione integrata di una lunga sequenza a colori centrale (lo zenit della follia raccontata dalla pellicola) e di tutti quei necessari collegamenti che uniscono una sequenza e un'altra. Definito un film folle dal direttore della Cineteca di Bologna, Break Up è un'esplosione grottesca di demenza e nonsense, un tipo di ironia totale avantissimo sui tempi e in generale anomala per la comicità che caratterizzava i coevi Monicelli, Risi, etc. Una mitragliata di battute e situazioni all'apice del paradosso umano (un'ironia che potrà forse essere uguagliata, in caratteristiche di base, dall'autoironia di Nanni Moretti), concetrate nella forma di un film da camera, con i confronti continui e scoppiettanti fra Mastroianni e Catherine Spaak, entrambi oltretutto ispiratissimi in quelle che potrebbero risultare tra le loro migliori interpretazioni. Nonostante però l'onnipresenza degli spazi chiusi, il film respira a pieni polmoni con una regia invisibile brillante e sempre a tempo, e col già citato intermezzo a colori, che sembra catapultarci direttamente in un'orgia edwardsiana (si pensi a Hollywood Party).

 

locandina

Break Up (1965): locandina

 

Il perno nodale del film è l'ossessione di Mastroianni per i palloni gonfiabili, e per una domanda che è ripetuta così tante volte, che diventa essa stessa quesito esistenziale: come capire fino a quanto un pallone può gonfiarsi senza esplodere e rompersi (break up, appunto, anche se è solo un pretesto, il titolo Break Up nasce dall'assonanza del successo di Blow Up, quando il film fu rieditato). La situazione viene portata fino alle estreme conseguenze, una follia che ricorda sia le peregrinazioni errabonde de L'udienza sia i girotondi disperati di Detenuto in attesa di giudizio di Nanni Loy: un vortice di battute e di incomprensioni inquadra due personaggi complessi e contraddittori, apparenti macchiette in realtà dotate di uno spessore caratteriale notevole, mai semplici allegorie di chissà quali messaggi, ma esemplari estremi di un disagio interiore infido e inquietante, che passa necessariamente dal feticismo e dalle manie. Qui Ferreri può sfoggiare tutte le sue principali ossessioni, calandole nel suo protagonista: il cibo, il sesso, la morte. Insieme forse al successivo La grande abbuffataBreak Up  è il film più tragico di Ferreri; lo è forse ancor di più nella misura in cui annulla la tragedia di fronte a fatti tragici, azzera l'emozione scontata di fronte a situazioni pazzoidi, va a solleticare il voyeurismo e gioca con le passioni fisiche che ci accomunano, con sguardo algido, attento, disincantato, mai critico né partecipe. Una fissità brutale, ancor più assurda considerando che può definirsi a tutti gli effetti uno dei film più divertenti di quegli anni. 

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