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La casa nera

Regia di Wes Craven vedi scheda film

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La recensione su La casa nera

di scapigliato
8 stelle

Se parte come un horror hollywoodiano, si perfeziona in un crescendo di sadismo e di malessere domestico che abbinati al gusto divertente e grottesco di parecchie situazioni, fanno de "La Casa Nera" il miglior prodotto politico di Craven. Se con "Il Serpente e l'Arcobaleno", il sottotesto politico e sociale era evidentissimo, ma finiva per schiacciare la resa horror, con "La Casa Nera" il gusto del genere non si perde affatto. Anzi è conpenetrante con il contenuto politico. Anche i primi lavori di Craven, per non dimenticare Freddy e "Scream", sono lavori con cui il regista vuole criticare la malsana società americana, e ci riesce benissimo. In "La Casa Nera", ovvero "The People Under the Stairs", ovvero "Alice nel Paese degli Orrori" (a cui gli fa eco il recente "La Casa dei 1000 Corpi" con una neo-Alice immersa sempre nel malessere americano), in "La Casa Nera", dicevo, è palese come questa inquietante e barricata casa sia in realtà l'America stessa. Protetta e protettiva. Dal bel aspetto rassicurante ed edificante fuori, ma che in realtà, e dentro, nasconde orrori, depravazioni, ipocrisie e senso d'impotenza. Tant'è che i due maniacali fratelli, forse incestuosi, che giocano a "mamma e papà", si sentono al sicuro solo dentro la loro fortezza, inespugnabile e viceversa. La casa nera diventa un luogo dove sentirsi al riparo dai cattivi, che nel film sono quelli che osano parlare, vedere e sentire la "diversità". Mami e papi puniscono la loro povera Alice se osa trasgredire alla loro legge, alle loro regoli di vita austera e rigorosa, quando poi in cantina custodiscono perversioni indicibili, come basti vedere la sequenza in cui un allucinato Everett McGill squarta e mangia Ving Rhames.
Il film non perde il gusto horror, anche se patinato e giocato più sul grottesco che sull'inquietante e sul terrificante, ma non perde nemmeno il sottotesto politico e sociale che lo rendono un grande atto d'accusa alle leggi mentali imperanti e totalitarie di un paese che si crede, a suo torto, l'ultima frontiera della Libertà. Ma quale libertà? Se già Jack Nicholson in "Easy Rider" questa tanto celebrata "libertà" non ce la vedeva proprio nel paese a stelle & strisce. Gran paese è vero, nulla da ridire, ma il moralismo bieco e castratore con cui si auto-governa è una grande pecca, oltre che a essere una vergogna umana.
Bravo Wes Craven... il buio, non è poi più tanto dietro la siepe...

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