Regia di Giuseppe De Santis vedi scheda film
Riso Amaro di Giuseppe De Santis (1948), è il primo film neorealista ad avere successo di pubblico ai botteghini, poiché fonde l'aspetto realistico (luoghi e comparse), con elementi narrativi che fanno da sfondo alla vicenda.
Perfettamente fruibile anche da un pubblico internazionale, che viene introdotto alla storia e al mestiere della mondina, tramite una sequenza di stampo giornalistico ad inizio film.
La pellicola è sospesa tra una sentita denuncia civile sul duro lavoro a cui sono sottoposte le donne lavoratrici per tutto il giorno nelle risaie, soggette alle vessazioni dei padroni e dalle pessime condizioni lavorative; ed una vicenda narrativa di impianto melodrammatico che ha come protagonista Francesca (Doris Dowling), giovane ragazza succube del fidanzato manipolatore Walter (Vittorio Gassman), viebe costretta ad infiltrarsi tra le mondine per nascondere la refurtiva consistente in una collana rubata ad un'anziana e ricca signora. Lungo il tragitto nel treno, Francesca farà amicizia con Silvana Melita (Silvana Mangano), una veterana del mestiere, che l'aiutera' a trovare un posto.
Il fallimento commerciale dei film di stampo neorealista, derivava dalla loro impostazione cronachista-documentarista, che finiva con il tagliare fuori grossa parte del pubblico meno incline a certe soluzioni radicali. Giuseppe De Santis, decide allora che lo spettatore deve anche essere intrattenuto, allora decide di innestare all'interno di una pellicola di stampo civile-cronachistica, un impianto narrativo tipico dei film americani, in modo da attirare più spettatori. Nulla di male in questo, mescolare l'autorialita' con meccanismi tipici del genere, può aiutare ad arrivare presso nuove tipologie di pubblico, che probabilmente un film neorealista puro non l'avrebbe mai visto. Il problema sta nel fatto che se De Santis padroneggia molto bene il linguaggio cronachistico, non si dimostra altrettanto abile nel fonderlo in una storia narrativa, che oggi mostra qualche limite di troppo e che già all'epoca, incontrò l'ostilità di una certa critica italiana che in effetti vide nel film un passo indietro rispetto ai lavori precedenti del regista.
Il regista è abile nel ritrarre con dovizia di particolari il duro lavoro nelle risaie, con un sentito elogio alla dura fatica capace di redimere un'anima persa come Francesca, che di errori nella vita ne ha commessi molti, ma il sergente Marco Galli (Raf Vallone) sostenendo l'inutilità di un sistema carcerario che non cambia le persone, le vuole dare una seconda possibilità, decidendo di non denunciarla.
Riso Amaro è un elogio didattico al lavoro come possibilità di redenzione e l'unità del gruppo come rimedio all'individualismo e unica possibilità di poter sconfiggere i sopprusi dei padroni, rivendicando così i propri diritti.
Francesca e Silvana, sono due differenti possibilità di approcciarsi alla vita, tanto che il regista in un momento di reciproche confidenze intime, fa scambiare di posizione ai due personaggi. Francesca parte come ladra, ma a poco a poco grazie al lavoro si emancipa sempre più da Walter e impara a guadagnare i soldi con il sudore della fronte senza promesse di facili guadagni, mentre Silvana è vittima dei suoi sogni sull'America, vista da lei come un Eden di felicità, mentre dal suo spasimante Marco, è vista come un luogo di corruzione morale e materiale.
Il film è penalizzato nella parte narrativa, forse frutto anche del fatto di essere stato sceneggiato da ben 6 persone differenti (compreso De Santis) e diretto da un regista non troppo a suo agio nei meccanismi del melodramma (e nella parte finale mostra vari limiti di messa in scena). Se Gassman ha un carisma ed un fascino animalesco, che lo fanno svettare su tutti e Doris Dowling già ammirata in un piccolo ruolo in Giorni Perduti di Billy Wilder (1945), riesce a dare un tangibile percorso evolutivo al suo personaggio; Silvana Mangano al suo debutto come protagonista, mostra evidenti limiti recitativi quando deve costruire la sua discesa verso la degradazione morale per via di Walter e nella sequenza finale della sparatoria, mettendo in mostra in questo film prettamente le sue doti fisiche (abbiamo trovato un misto tra Rita Hayworth e Marylin Monroe come bellezza... in effetti è uno schianto di donna, forse troppo per una Mondina che svolge da anni il lavoro nei campi).
La pellicola fu un grande successo ai botteghini sia in Italia che in America, con tanto di nomination agli Oscar per il miglior soggetto. Oggi resta un ottimo film, anche se il giudizio eccezionale di Filmtv e le 4 stelle di Mereghetti, sono eccessivi.
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