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Riso amaro

Regia di Giuseppe De Santis vedi scheda film

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La recensione su Riso amaro

di scandoniano
8 stelle

Un ladro di gioielli braccato dalla polizia lascia la refurtiva ad un’amica che si confonde tra le mondine, alla vigilia dei 40 giorni di lavoro nelle pianure piemontesi. La ferrarese Silvana si intromette, complicando le cose.

Esempio fulgido di neorealismo (siamo al culmine del periodo d’altronde), in “Riso amaro” si presentano tutte le caratteristiche del filone. Il regista del film, Giuseppe De Santis, si mischia tra le mondine, registrando volti ed emozioni di un’Italia postbellica disperata, povera, volenterosa. Da notare l’inusuale tecnica dietro la macchina da presa per un film del genere, con numerose panoramiche, diverse soggettive ed uso piuttosto insistito di dolly e carrelli, per una regia vivace e moderna. Il finale invece, con lo stallo in macelleria, richiama i western d’oltreoceano.

Impegnativo cast, con, tra gli altri, Raf Vallone. Protagonisti sono Silvana Mangano che, cicca in bocca e aria furbetta, è stupenda, magnetica e procace, dal grandissimo charme; il suo rapporto con l’antagonista Doris Dowling nella parte iniziale è splendido; primo ruolo in un film importante per Vittorio Gassman, che buca lo schermo, interpretando un personaggio spregevole. Tra le numerose scene da ricordare, di particolare interesse la lunga sequenza sotto la pioggia, toccante nel suo misticismo surreale, soprattutto per l’incontro dei due divi in una perfetta fusione della dicotomia eros-thanatos. Struggente finale.

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