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Blade Runner

Regia di Ridley Scott vedi scheda film

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La recensione su Blade Runner

di lamettrie
3 stelle

Un B-movie. Rispetto ai quali viene nobilitato solo da un aspetto, effettivamente eccellente, per i tempi: la scenografia. Per il resto, un filmetto molto commerciale. Tanta azione e suspense, ma pochissimo senso degno d’interesse. Sono due gli aspetti che dovrebbero essere al centro, ma che in realtà sono solo lambiti, e privi di qualunque profondità, e non permettono di portare a casa alcunché di significativo: 1) la capacità di provare emozioni da parte di eventuali esseri umani artificiali (allora è meglio “Il dormiglione” di Wood Allen, che è costato pochissimo rispetto a questa pellicola), e 2) la tematica politica, ovvero la ribellione degli schiavi nei confronti di chi li ha creati tali, incapaci cioè di autodeterminarsi, di essere veramente liberi. Solo quest’ultimo aspetto ha una sua, parziale e comunque nel complesso insufficiente, resa non così misera, nella rabbia espressa da Rutger Hauer.

Per il resto i limiti sono davvero tanti: i discorsi dello stesso Hauer sembrano talvolta aulici, ma del tutto a sproposito; inoltre le sue spacconate, nel duello finale che è convinto di vincere nei confronti di Harrison Ford, sono sceneggiatura da cartone animato. Ciò per cui questo film è soprattutto famoso, la frase “Ho visto cose che voi umani non avete mai visto” (o giù di lì), non dice nulla, in quel contesto: non si capisce assolutamente cosa di straordinario avrebbe potuto vedere chi l’ha detta. Magari si può ipotizzare qualcosa, ma “stiamo al testo”, come è doveroso di ogni discorso serio: da quello che il film ha fatto vedere sul personaggio di Hauer, non si evince nulla che possa far credere a chissà quale esperienza extraordinaria (se non il sapere di dover morire entro una certa data, il che purtroppo è stato comunque a tantissimi malati gravi; e non ha dato certo possibilità maggiori). Eventuali possibilità in più di questi androidi non sono scandagliate dal film: e poi resterebbero materia da fumetto, nel migliore dei casi, con tutto il rispetto.

I personaggi sono tutti buttati lì e disegnati in modo psicologicamente modestissimo. Nemmeno quello di Harrison Ford, il protagonista, ha una seppur vaga connotazione ideale.

L’ambientazione in mezzo al buio e alla pioggia è ripetitiva. Del resto il film è molto lento, e noioso: almeno per chi crede che una serie di singoli atti di violenza non dica nulla, se non è inquadrata in un significato interessante (che infatti qua manca).

A inizi anni ’80 forse il progresso, incipiente e rapido allo stesso tempo, della tecnologia incitava questa sete di futuro: non si spiega altrimenti il successo enorme, ma inspiegabile se si guarda al merito, di una pellicola di questo livello. Successo ingiustificato forse alimentato da tale frenesia acritica e morbosa (allora ammantata di ottimismo all’occidentale, qualcosa di ingenuo) nei riguardi dell’avvenire, ben alimentata ad arte (allora come oggi) da parte di chi aveva da vendere su prodotti innovativi: quei prodotti che “ti portano nel futuro” (anche se magari non hai capito niente o quasi del presente e del passato).

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