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Aleksandr Nevskij

Regia di Sergej M. Ejzenstejn vedi scheda film

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La recensione su Aleksandr Nevskij

di ZioMaro
8 stelle

Dopo un periodo di assenza piuttosto lungo dietro la macchina da presa, nel 1938 Ejzenštejn gira un film-panegirico sul condottiero Alexandr Nevskij, principe di Novgorod e santo della chiesa ortodossa russa, che fu il capostipite della dinastia dei principi di Mosca e dunque uno degli storici fondatori della “grande patria”. In questo risponde alle direttive del regime sovietico, che pretendeva di sovrapporre la figura semi-leggendaria e santificata di Nevskij a quella di Stalin, celebrare la sua personalità e la sua politica “autarchica” e repressiva e inasprire la propaganda anti-nazista. Ma c'è da chiedersi cosa rende “Alexandr Nevskij” un film immortale nelle immagini, pur essendo propagandista e apparendo a tratti verboso nella sua retorica figurativa epica, che forse risulta anche più accentuata rispetto a un tempo dopo la breve permanenza in America. In tempi di imposta estetica di realismo socialista, che prescriveva un recupero delle tradizioni russe, una lettura tendenziosa delle ricostruzioni storiche e un utilizzo ideologico dei mezzi espressivi ai fini di una pretesa rivoluzione permanente, Ejzenštejn riesce a smarcarsi da questi limiti indotti non rinunciando alla personalissima padronanza del mezzo cinematografico. In questo film deve ancora molto al suo cinema muto: per esempio nel montaggio dialettico, oppure, quando si tratta di primi piani, nella direzione espressiva degli attori (caratterizzati in essenziali dettagli del fisico, delle pose e dei modi) in inquadrature che valorizzano il ruolo di ciascuno in relazione alla posizione che occupano nello scenario. Per sottolineare la “statura” di ciascun personaggio, specialmente per l'eroe protagonista, si scelgono inquadrature orientate dal basso. Il senso di un orizzonte epico è dato dai campi lunghissimi sugli sconfinati paesaggi di una Russia medievale (anzi, primitiva) con cui il film esordisce, quando il principe Nevskij riceve nelle proprie terre l'ambasciata dei Mongoli: le vedute, anch'esse ribassate, lasciano ampio spazio ai cieli sotto cui si estenderà un impero, si combatteranno battaglie e si compiranno gesta eroiche. I Teutoni che avanzano minacciano la città di Novgorod e si arringa la folla davanti alla cattedrale di Novgorod; nella città occupata di Pskov gli invasori appiccano roghi e commettono crudeltà nella piazza affollata, mostrate dal regista con la consueta enfasi ancora legata al fare del cinema muto. Tra le scene più belle, dopo quelle di combattimento che assumono un tono invece un po' faceto, la sequenza della disfatta dei Teutoni sul lago ghiacciato, e le immagini del campo al termine della battaglia. I carrelli che mostrano i caduti e i feriti, i sopravvissuti che apprendono della vittoria soccorsi dalle donne: un altro ottimo esempio di retorica (oppure, per chi preferisce, di “potenza”) delle immagini, sulle note commeventi di Prokofiev. E con il sonoro Ejzenštejn non poteva trovare collaboratore migliore, perché le immagini trovano il corrispettivo commento nella colonna sonora magniloquente, caratteristica che è il merito di un grande orchestratore. Il musicista si misura con la composizione delle musiche per la pellicola, mentre il regista sperimenta le nuove frontiere del sonoro.

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