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Il comune senso del pudore

Regia di Alberto Sordi vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Il comune senso del pudore

di hallorann
7 stelle

Divertente satira sulla liberazione dei costumi e sui tabù sessuali made in Italy firmata Sordi & Sonego. I due punti di vista si compensano bene. Da segnalare nel primo episodio la fantasia e l'efficacia delle ricostruzioni di titoli e scene hard, negli altri tutti gli attori.

Quarant’anni dopo IL COMUNE SENSO DEL PUDORE è un documento satirico ancora apprezzabile sulla liberazione sessuale, i tabù e le abitudini dell’italiano medio sull’argomento. Sordi e Sonego compensano i loro sguardi differenti e riescono ancora a pungere e far sorridere. Certo nel primo episodio prevale il moralismo Sordiano: Giacinto e Erminia Colonna festeggiano l’anniversario di matrimonio girando cinema di periferia e del centro. Un’invasione di film zozzi, allusivi, equivoci, spinti che i due - come dice il nobile snob vicino di posto al cinema mamma è gente volgare, nel senso del volgo, del popolino - non reggono, convinti di vedere favolette a colori. Non hanno gli strumenti per affrontare con occhio critico le pornovisioni e quindi (s)cadono nell’imbarazzo, nelle disquisizioni qualunquistiche di Giacinto. Se il duo Sordi-Di Lorenzo è collaudato, alla lunga stanca per la verbosità moralistica dell’assunto e per la natura dei personaggi. Gustose e divertenti sono le locandine, i titoli, il sonoro e le brevi scene dei vari film: “La nipotina”, “Romanzo di una novizia”, “La cavalcata”. Argute e audaci sono le scene girate dal regista, in particolare de “La cavalcata” con una Macha Magall hard e sprazzi ante litteram di spanking.

 

 

Nel secondo episodio si analizza il boom dell’editoria erotica e pornografica, ammantata da contorni intellettualistici. Espliciti i riferimenti a Playboy e Playmen. Efficaci le ricostruzioni scenografiche sexy pop-art di Piero Poletto e le ottime interpretazioni (grottesche e veloci, come la regia) di Cochi Ponzoni: professore e scrittore prestato al porno sacrificato sulla poltrona di direttore responsabile de “La libertà”; l’editrice alla Adelina Tattilo di Florinda Bolkan, Giò Stajano e la sempre celestiale Silvia Dionisio.

 

 

Nel terzo un pretore irreprensibile sequestra riviste vietate ma vendutissime, fa arrestare direttori e organizza campagne moralizzatrici con i benpensanti della sua cittadina. La moglie Armida si ribella e vuole curiosare il mondo proibito da sequestrare. Prevarrà l’ipocrisia e il finto moralismo italiano di provincia. Pino Colizzi e Claudia Cardinale i convincenti protagonisti.

 

 

Nell’ultimo episodio la star del cinema Ingrid Streesberg gira una versione hot di Lady Chatterley, ma rifiuta la defloreazione anale prevista nella scena finale. L’attrice tedesca scappa e il produttore Giuseppe Costanzo cade nella disperazione, anche perché i coproduttori, distributori internazionali e le banche minacciano di mandarlo in fallimento. La Streesberg viene convinta dall’agente a ripensarci. Vuole una ragione sociale, politica e soprattutto artistica per giustificare l’ingroppata. La otterrà dalle parole di un padre gesuita, un critico, uno psicologo…Satira corrosiva sull’autorialità di certo cinema, sulla cialtroneria di produttori e mondo del cinema. Si ride grazie a un bravissimo Philippe Noiret (doppiato alla perfezione e in napoletano da Carlo Giuffrè) e all’ansietà di Giacomo Furia, le grazie di Dagmar Lassander in versione platino fanno il resto.

 

 

 

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