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Il magnifico scherzo

Regia di Norman McLeod vedi scheda film

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Stefano L

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La recensione su Il magnifico scherzo

di Stefano L
7 stelle

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Nella loro prima avventura basata su uno script originale i Marx si dilettarono in questa scanzonata e irriverente commedia ambientata in un transatlantico per gli Stati Uniti dove i famosi comici impersonavano degli immigrati che, pur di approdare nella terra di Colombo, erano pronti ad accettare qualsiasi compromesso, perfino quello di collaborare con la criminalità organizzata; dopo le rocambolesche fughe all’interno della nave, fra barili e spettacoli di marionette per bambini, queste bizzarre traversie infatti li divideranno, mettendoli altresì nei panni di improbabili guardie del corpo dei due pericolosi boss in conflitto, ovvero Alky Briggs (Harry Woods) e "Big Joe" Helton (Rockliffe Fellows); Briggs vuole rapire la figlia del rivale a causa di uno smacco imperdonabile subìto da Helton. Conosce Groucho per caso: questo vi si era intrufolato nella camera spacciandosi per il sarto della trascurata fidanzata (Thelma Todd) e, notandone la sfacciataggine, lo ingaggia come strozzino. Chico ed Harpo, invece, vengono scelti da Helton con il ruolo di "protettori" per il solito gioco di equivoci, mentre Zeppo è una sorta di Cary Grant che si immette al momento opportuno con lo scopo di salvare le donzelle finite nelle grinfie di manigoldi… In “Monkey Business” non mancano di certo i topoi più comuni del quartetto, dai deliranti dialoghi surreali di Groucho (molto divertenti i pezzi con le chiacchiere sui “baffi neri” e il beffeggiamento inarrestabile sul Capitano Corcoran) ai duetti slapstick dei più clowneschi Chico ed Harpo. Questi due, in particolare, hanno ottenuto maggiore visibilità rispetto alle altre pellicole: li si può ammirare nei frangenti in cui suonano sia il pianoforte ("Pizzicato"/"When I Take My Sugar to Tea") che l’arpa ("I'm Daffy Over You") in parentesi melodiche gradevoli, per nulla invasive, e chiaramente ci si sollazza con gli sketch strampalati, ove sono coinvolti in qualità di barbieri, burattinai o semplici guastafeste a caccia del gentil sesso. Insomma, una pletora di performance verbali (Groucho) e fisiche (Chico/Harpo) dallo stile marcatamente eclettico; una farsa sostenuta da una cadenza inebriante ed orchestrata dall’icastica regia del baldo Norman Z. McLeod (il quale accompagnerà il gruppo di teatranti pure in "I fratelli Marx al college"). Ovviamente le maschere dei secondari sono stereotipate, il romanticismo è pretestuoso e si potrebbe storcere il naso per la struttura eccessivamente rapsodica delle vicende, ma la chimica dei Marx dipana un climax che, ancora una volta, funziona degnamente.

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