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Una vita al massimo

Regia di Tony Scott vedi scheda film

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George Smiley

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La recensione su Una vita al massimo

di George Smiley
9 stelle

Tony Scott + Quentin Tarantino = et voilà, il cult è servito.

"Vivi al massimo, muori giovane e lascia di te un bel cadavere"

Go Tony, go! Go Quentin, go! Questo film è una bomba, un vero "Scottantino" d'annata! Quando lo vidi erano ancora i tempi in cui mi avvicinavo timidamente al mondo del cinema, ma fu subito amore a prima vista con "Una vita al massimo", o se preferite "True Romance". Verrebbe quasi da dire in modo provocatorio che, visto il risultato, sarebbe meglio se il buon vecchio Quentin si occupasse solo delle sceneggiature e lasciasse la regia a mani più raffinate ed esperte (calma miei cari tarantiniani doc, sto solo scherzando, rinfoderate le vostre katane). Qua c'è tanto del primo Tarantino, quello più autentico e per cui è impossibile non provare simpatia ed ammirazione, quello capace di sfornare personaggi trasgressivi e carismatici ma allo stesso tempo autentici e con i piedi per terra, quello che riversa le sue passioni, le sue "ossessioni" e il suo amore smisurato per il cinema sullo schermo, quello che crea dal nulla dialoghi scoppiettanti intrisi di black humor e citazioni, quello che non si prende sul serio ed evita di impelagarsi su temi come Seconda Guerra Mondiale, Shoah, schiavitù, razzismo e Guerra Civile Americana (ogni riferimento a bastardi, piantagioni di cotone e persone odiose è puramente casuale). Allora il buon Quentin era l'outsider che non ti aspetti, il giovane che cambia le carte in tavola, che se ne frega delle regole e ne inventa di nuove, non l'autorità idolatrata e osannata di adesso ogni cui nuovo film viene innalzato a capolavoro a prescindere e se non sei d'accordo, beh, tanto peggio per te caro mio, non capisci una fava di cinema, è chiaro testina? Ma adesso basta parlare di Tarantino, perchè questo è un film di TONY SCOTT, e non riesco a pensare ad un regista più adatto ad un materiale del genere (nonostante i noiosi proseliti tarantiniani si ostinino a ripetere:"Eh, ma se lo avesse diretto Quentin...". Cosa? Un bel niente, non sarebbe stato la figata che invece è grazie a Tony Scott). Perchè il ritmo indiavolato, l'azione frenetica, il montaggio sincopato, la regia ipercinetica, la patina pubblicitaria e la freschezza di "Una vita al massimo" sono tutte merito di quel bravaccione di uno Scott, e se non fosse per lui il film non sarebbe il must del cinema di intrattenimento che invece è. Merito anche ovviamente di un cast da paura, con due protagonisti che trovano le loro perfette incarnazioni in Christian Slater e Patricia Arquette e una sfilata di grandissimi attori in ruoli da comprimari di lusso che comprende Samuel L. Jackson, Val Kilmer, Gary Oldman, Dennis Hopper, Christopher Walken, Brad Pitt, James Gandolfini, Chris Penn  e Tom Sizemore.

Clarence Worley ("sembra quasi un nome da negro" a detta di Drexl Spivey) lavora come commesso in un negozio di fumetti di Detroit, è appassionato di film di Kung Fu e adora Elvis Presley. Alabama Whitman è una bellissima ragazza che fa la prostituta da quattro giorni. I due si incontrano in un cinema che proietta una maratona di film con Sonny Chiba, si piacciono fin da subito, passano un po' di tempo insieme, lui le fa vedere il posto in cui lavora e poco dopo finiscono a letto. Nel cuore della notte, Alabama in lacrime gli rivela di essere stata ingaggiata dal di lui datore di lavoro come regalo di compleanno ma di essersi innamorata, peraltro ricambiata. I due decidono di sposarsi, ma Clarence intende recuperare la roba di Alabama rimasta presso il suo protettore e l'incontro si conclude con l'uccisione di quest'ultimo. Nella confusione dovuta alla colluttazione, Clarence si fa dare la valigia contenente gli effetti personali di Alabama da una prostituta, la quale sbaglia valigia e gliene consegna una piena di droga. Inizialmente indecisi sul da farsi, i due giovani decidono di approfittarne per arricchirsi, ma i proprietari della cocaina sono sulle loro tracce...

Intellettuali snob astenetevi, questo non è cinema per voi: patinato, scatenato, popolare, irriverente, chi più ne ha più ne metta. Un cocktail di emozioni, risate, azione purissima e scene da antologia del cinema talmente ben calibrato che è impossibile trovargli dei difetti, ma altrettanto facile snobbarlo e sottovalutarlo. Da menzionare sono sicuramente l'incontro di Clarence con il protettore di Alabama, Drexl Spivey (Gary Oldman), in una sequenza ad altissima tensione in cui Oldman riesce a tratteggiare un personaggio indimenticabile in poco più di cinque minuti, e quella eccezionale che vede protagonisti il mafioso Vincenzo Coccotti (Christopher Walken) e Clifford Worley (Dennis Hopper), il padre di Clarence, una perla di recitazione da "Manuale dell'aspirante interprete". E in mezzo a tutto questo ben di Dio, Tony Scott non rinuncia ad una certa ricercatezza formale (l'entrata in scena di Alabama al cinema, la bellissima scena di sesso tra Clarence e Alabama che riprende quella simile di "Top Gun" e la migliora, lo stallo alla messicana del pirotecnico finale, e in generale una fotografia splendida). Completa il quadro un'ottima colonna sonora di Hans Zimmer e una raccolta di canzoni pop e rock che non guastano mai.

Sembra quasi una favola moderna quella dei due protagonisti, violenta e straniante, dolce e al contempo underground, e si fa fatica a non innamorarsi di loro mentre vengono appena sfiorati dalla violenza e dal sangue che scorre copioso intorno, in un viaggio d'amore in mezzo alla barbarie umana. Pare che nella sceneggiatura originale Clarence dovesse morire nella sparatoria finale, ma durante le riprese Tony Scott si era talmente affezionato ai due personaggi che decise in corso d'opera di dare loro un lieto fine. E noi gliene siamo grati, perchè nelle favole, per quanto strane possano essere, è giusto che finisca così.

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