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Boccaccio '70

Regia di Vittorio De Sica, Federico Fellini, Luchino Visconti, Mario Monicelli vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Boccaccio '70

di hallorann
7 stelle

BOCCACCIO '70 senza l’episodio RENZO E LUCIANA sarebbe stato un esercizio di stile, alto ma sempre un esercizio al servizio di Carlo Ponti. Eppure venne sacrificato e se non fosse stato per la protesta degli altri autori: Fellini, Visconti e De Sica, Monicelli sarebbe decaduto. Proprio il suo mediometraggio è un gioiello, un saggio sull’Italia del boom, sull’industrializzazione senza dover ricorrere alla barba dell’incomunicabilità. Il tocco del regista viareggino è graffiante, da commedia all’italiana di prestigio. Dietro di lui fior di scrittori.

Una coppia di fidanzati deve sposarsi di nascosto per non essere licenziati. Lei impiegata, lui fattorino in una grande azienda. All’ombra di una Milano pregna di nuovi quartieri, palazzine, grattacieli, insegne luminose invasive, simboli della civiltà consumistica: Alemagna, Mobil, Esso, Shell, Agip; di luoghi pubblici (l’idroscalo, i cinema) stracolmi di masse. Il concetto di massa riempie gli occhi, rende l’idea. I lavoratori potevano essere licenziati senza giusta causa, non c’era lo statuto dei lavoratori, solo le liquidazioni per poter ripartire e creare un nucleo familiare. La maternità una minaccia per l’azienda. Certo Renzo e Luciana dopo aver dato uno schiaffo morale al ragioniere sanguetta e caporale trovano un altro lavoro. Altri tempi, oggi sarebbe un problema e con le tutele crescenti si è tornati solo indietro.

 

Ne LE TENTAZIONI DEL DOTTOR ANTONIO, Fellini mette alla berlina tutti coloro che si scandalizzarono per LA DOLCE VITA. Attraverso la figura del censore Antonio Mazzuolo si mette in scena una farsa grottesca e colorata che diverte. Si parte con una carrellata sull’Eur e su Roma città del cinematografo. Un buffetto satirico sulle coproduzioni internazionali ritratte da un Peplum con sassi di cartone, Giuliano Gemma e un regista americano beone. Mentre, in un filmino in b/n, sono espliciti i riferimenti ad un episodio celeberrimo che vide coinvolto il democristiano Oscar Luigi Scalfaro. Durante una premiazione di boyscout sbarca su un grande piazzale una poderosa squadra di operai che allestisce un gigantesco manifesto pubblicitario con Anitona Ekberg, distesa con un bicchiere di latte in mano e il decolleté in bella evidenza. Bevete più latte il latte fa bene, canta il famoso motivetto. Il dottor Antonio denuncia lo scandalo, la sconcezza, l’oscenità del manifesto, veicolo per costruire archi di trionfo alle baldracche. Mazzuolo vince la su battaglia contro questa suburra, questa babilonia! Le “vergogne” e tutto il resto vengono oscurati ma la donnona comincia a tormentarlo in visioni e in carne e ossa. Più carne che ossa avrebbe detto Totò. Finirà alla neuro. Peppino De Filippo è bravissimo nei panni del moralista e la Ekberg gioca col suo mito. Fellini, togliendosi diversi sassolini dalle scarpe, gira una delle opere più ludiche e scanzonate, si avverte la sua presenza in ciascun elemento del circo e del coro messi in scena.

 

Nel III atto Luchino Visconti firma l’episodio più noioso. Ritratto in interni di una giovane coppia dell’alta borghesia industriale e nobiliare. Alle prese con uno scandalo di squillo il conte Ottavio viene obbligato dalla moglie italo tedesca Pupe a pagarle quelle prestazioni…Da una novella di Maupassant un film venale, dalla cornice lussuosa e dalla poca sostanza. Tomas Milian e Romy Schneider gli interpreti.

 

L’ultimo atto è il frivolo LA RIFFA con una sexy ed epocale Sofia Loren, scritto da Zavattini e diretto da De Sica. Ambientato in una fiera paesana della provincia agricola dell’Emilia Romagna, è la storia di una lotteria con in palio la formosa Zoe. Per fini nobili si capisce. Storiella moralistica e timidamente pruriginosa che ha nella citata Loren l’unico motivo di interesse. Un po’ come per i villici avventori del tiro con la carabina.

 

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