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L'avventura

Regia di Michelangelo Antonioni vedi scheda film

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La recensione su L'avventura

di degoffro
8 stelle

La meschinità, precarietà, superficialità e noia dei/nei rapporti umani secondo Michelangelo Antonioni in uno dei suoi più celebrati film. L'avventura di Anna, Sandro e Claudia serve al regista per indagare con spietato cinismo, amaro realismo e triste consapevolezza il vuoto, l'instabilità, la fragilità umana, l'incapacità/impossibilità di una relazione stabile, seria, autentica. Partendo dalla scomparsa di Anna a Lisca Bianca, isolotto al largo della Sicilia, Antonioni lascia ben presto da parte l'indagine gialla sulle ricerche della donna e si concentra sul rapporto che viene progressivamente a crearsi tra Claudia, migliore amica di Anna e Sandro, fidanzato di Anna. I due, dopo un iniziale, ma breve momento di spaesamento e incredulità, si lasciano travolgere dalla passione (negli splendidi e barocchi scenari di Noto) e finiscono con il mettersi insieme, dimenticandosi ben presto di Anna. "Fino a pochi giorni fa all'idea che Anna fosse morta mi sentivo morire anch'io, oggi non piango nemmeno e la sola idea che Anna sia ancora viva mi fa paura": con queste dolorose parole (le migliori di un film dove spesso i pur ridotti dialoghi non sono all'altezza delle immagini) Claudia prende coscienza di quanto sia volubile, mutevole e inconsapevolmente ingannevole l'animo umano, se è vero che le persone che prima sembravano essere le più importanti per la propria esistenza, ben presto vengono dimenticate, ignorate, lasciate in un passato che ormai non interessa più e che si ritiene giusto superare o cancellare al più presto. L'egoismo e la banalità delle relazioni, la leggerezza di un rapporto costruito sul nulla, su un desiderio momentaneo, un trasporto molto forte da un punto di vista fisico, ma in realtà fragile e inconsistente, destinato a perdersi e frantumarsi come le onde sugli scogli di Lisca Bianca, spazzato via da un soffio di vento, qui nei panni di una giovane prostituta. E questa generale amarezza esistenziale, esplode in tutta la sua ipocrisia e stanchezza nel cupo finale: dopo che Claudia ha scoperto Sandro amoreggiare con un'altra ragazza, scappa via. L'uomo la raggiunge, si siede su una panchina e piange le classiche lacrime di coccodrillo. Claudia, dapprima titubante, si avvicina all'uomo e gli pone la sua mano sulla testa come a consolarlo. In fondo, piuttosto che rimanere soli, è meglio una vita con un uomo con cui la comunicazione e la complicità sono ridotte al minimo. Lo stile lento, dilatato, rarefatto, a tratti esasperante, vera e propria sfida alla pazienza dello spettatore, certo non rende la visione agevole: il film a tratti è davvero pesante, criptico, monotono, alcune parentesi non paiono necessarie, come la visita di Claudia dall'amica borghese e annoiata, che si lascia irretire da un giovane e voglioso pittore, ma comunque il film grazie al talento visivo di Antonioni, esaltato dalla straordinaria fotografia in bianconero di Aldo Scavarda riesce a spiazzare e a comunicare l'insoddisfazione e l'instabilità psicologico-sentimentale dei suoi protagonisti, resi assai bene dal trio di interpreti: una splendida e intensa Monica Vitti, una giovanissima Lea Massari ed un convincente Gabriele Ferzetti. Premio speciale della Giuria a Cannes e Nastro d'argento 1961 alla musica di Giovanni Fusco. Premi ai Festival di Salonicco, Vancouver e dei critici di New York e Parigi.
Voto: 7

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