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A 30 secondi dalla fine

Regia di Andrej Konchalovskij vedi scheda film

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La recensione su A 30 secondi dalla fine

di michemar
8 stelle

Quasi tre decenni prima del treno lanciato a tutta velocità di Snowpiercer, microcosmo di una futura ipotesi di lotta di classe, Andrej Konchalovskij gira il suo secondo film americano portando sullo schermo un eccezionale soggetto di Akira Kurosawa raccontato quasi per intero su un altro treno. Un treno non affollato di gente disperata e pronta alla ribellione come quello di Bong Joon-ho, con invece solo alcuni personaggi, disperati anch’essi ma per altri motivi e addirittura senza macchinista, in quanto sì a bordo ma morto. I passeggeri sono due evasi da un carcere di massima sicurezza che non hanno paura di nulla, neanche che la loro fuga possa terminare nel peggiore dei modi. Il ritmo che Konchalovskij impone allo sviluppo della fuga sui binari è terrificante e sfiancante, pare di assistere ad uno di quegli inseguimenti che hanno caratterizzato la inimitabile filmografia di William Friedkin, ma con l’aggiunta che questa volta la caccia del temerario direttore del penitenziario che si mette sulle tracce dei due fuggitivi dura tutta la lunghezza del film, facendolo diventare mozzafiato nel senso letterale della parola. Non c’è pausa, non c’è scampo: il treno è un missile sui binari tracciati in mezzo al freddo polare dell’Alaska, innevato come se il sole non compaia da un secolo.

 
Il temibile criminale Manny, impersonato dal perfetto Jon Voight, ha una faccia rossa e levigata dal gelo che lo sferza e due occhi fiammeggianti che fanno capire che lui non si fermerà per alcun motivo, a costo di lasciare cadaveri dietro di sé. Lo accompagna Buck, un Eric Roberts in palla che meglio non si poteva immaginare, degno compare in quanto a voglia di libertà e determinazione. Compare perfino Danny Trejo, al suo primo film, che servì al regista per impartire lezioni di box sul set. Le candidature non mancarono sia agli Oscar che ai Golden Globe (vinto da Voight) per questo imperdibile film denso di suspense, che prima dei titoli di coda manda significativamente una breve dialogo tratto da Riccardo III di Shakespeare: “– Non c'è bestia che sia tanto feroce da non conoscere almeno un briciolo di pietà. – Ma io non la conosco, perciò non sono bestia.” Questa è la perfetta fotografia della forza fisica e mentale che accompagna in tutta la loro disperata fuga Oscar "Manny" Manheim e Buck.

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