Roberta Torre firma un documentario "recitato" che fa luce su un aspetto non indagato della vita delle persone transessuali. Perché si parla - più di prima - degli aspetti sorgivi della transizione, dei suoi problemi, dell'accettazione, ma si parla ben poco della vecchiaia e della morte. Lo fanno qui sette donne trans mature che si occupano della storia - vera - di una loro amica defunta e sepolta in abiti maschili dalla famiglia, che ha sempre ostacolato la sua scelta. Cercheranno di rimediare, a modo loro e con umanità, a uno sfregio oltraggioso, restituendole simbolicamente la libertà.
Il debutto alla regia per Chloe Okuno, presentato al Sundance, è questo thriller psicologico che parla del disagio femminile e della difficoltà che hanno le donne nel farsi credere, nel non essere ritenute irrazionali o paranoiche quando denunciano situazioni che generano in loro preoccupazione e ansia. E in questo caso, con un serial killer in azione che la protagonista crede di identificare nell'uomo da cui si accorge di essere spiata e seguita, c'è davvero poco da stare tranquilli.
Gianni Amelio presenta questo suo nuovo lavoro, in concorso a Venezia, che ha il merito di ricordare cosa fu il caso Braibanti, che nell'Italia del'68 portò ad accusare - e imprigionare - per plagio (l'unica condanna mai comminata per un reato inesistente e poi cancellato) una delle figure più interessanti della cultura italiana del dopoguerra: partigiano, professore, pensatore, poeta e scrittore. E omosessuale.
La provincia grossetana è l'ambientazione di questa prima regia per Nicolò Falsetti (che però opera già da un po' nel mondo dell'audiovisivo), presentata in questi giorni alla Settimana della Critica a Venezia. La storia è quella di una band punk che dovrebbe aprire il concerto di un gruppo americano e che - quando il concerto viene annullato - si dà da fare in proprio per organizzare lo stesso l'evento. Con tutte le - enormi - difficoltà del caso.
“Tutto ciò che mi serve per fare una commedia è un parco, un poliziotto e una ragazza carina.” disse Chaplin. Oggi le cose si complicano e la commedia di Franck Dubosc si inventa addirittura un padre che per entrare in contatto con la figlia abbandonata da piccola e che ora ha una scuola di rumba, si iscrive in incognito ai suoi corsi, imparando a ballare fino a diventare il suo compagno per una competizione. Acrobatico.
E così anche Owen Wilson - che associamo naturalmente a Wes Anderson e alle tante commedie che ha interpretato - ha avuto il suo ruolo da supereroe. È ovviamente un cortocircuito vederlo indossare un'armatura, ma il film è decisamente destinato a un pubblico di ragazzini e non è cosa da prendere troppo sul serio.
B.J. Novak - che è diventato celebre come attore per aver interpretato Ryan di The Office, serie della quale è stato anche produttore e sceneggiatore - approda qui alla sua prima regia, dirigendo se stesso in un film che "si è scritto addosso" e che ha toni da commedia, ma sfiora anche altri generi: di ambientazione molto texana, la storia verte intorno al caso della morte per overdose di una ragazza e all'indagine giornalistica che lo scrittore protagonista inizia, ritenendo si tratti di omicidio.
Il lavoro del premiato regista Kōji Fukada è il secondo film che arriva dal concorso veneziano e colma una lacuna: Fukada è considerato tra i maggiori autori del cinema giapponese contemporaneo, ha vinto premi nei festival di tutto il mondo, ma sinora diversi suoi film non hanno trovato distribuzione da noi. La vicenda che racconta è una storia intima e femiliare, il ritratto di una donna e di una madre la cui vita viene sconvolta dall'improvviso ritorno del padre biologico di suo figlio.
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