You Can’t Believe Everything You See” strilla maliziosa la locandina originale di Body Double, proprio sotto il titolo. Cioè “Non puoi credere a tutto ciò che vedi”, come traduce fedele la versione italiana, che, invece, ribattezza con malizia ruffiana da exploitation il film Omicidio a luci rosse (per inciso, titolo di grande fortuna da lì in poi nei nostri giornali e telegiornali).

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Omicidio a luci rosse (1985) locandina

Perfetta epigrafe al film di De Palma e al suo incipit, uno dei più goduriosi What the f@°K! della sua filmografia. Anzi, vien voglia di dire epitaffio. Infatti, la prima cosa che vediamo (!) è una sorta di cimitero-mausoleo con palmizi, disseminato di lapidi e di statue funeree, un po’ neoclassico un po’ kitsch-cafone, sotto un indecifrabile cielo bluette-verzolino dominato da un sole rossastro al tramonto. Tutto vistosamente falso, finto, pacchiano, tra John Landis e Kenneth Anger. La mdp scende voluttuosa giù giù fino a entrare nel terreno in una tomba (tagliata in sezione…), mostrando, steso nel feretro, il profilo di un curioso individuo, capelli platinati, occhi bistrati, tutto pelle e borchie, una sorta di cadavere in sintonia con il luogo, pop-gotico, à la Billy Idol. All’improvviso, si volta verso di noi, gli occhi strabuzzanti, la bocca spalancata, i canini da vampiro in bella mostra. Qualcosa non va, però, e l’acme horror della scena, accentuata dal crescendo della colonna sonora, si stempera in una sorta di dilatazione parossistica, il ghigno orribile diventa un rictus terrorizzato, gli occhi lacrimano. Altre voci preoccupate e spaventate intorno. Stacco. Una troupe al lavoro, siamo su un set (quello di un b-movie horror-softcore, Vampire’s Kiss, Il bacio del vampiro, scopriremo poi). Il vampiro protagonista ha avuto un attacco di claustrofobia, perché costretto nel feretro. O meglio, l’attore che lo interpreta, Jake Scully (Craig Wasson, fantastico signor nessuno del cinema americano anni ’80). Soccorso ed estratto dal loculo, è imbarazzato, si dice pronto a rifare subito la scena, stretto tra il regista (Dennis Franz, con tic e modi di De Palma, pare) e l’aiuto-regista imperscrutabili nelle loro espressioni di circostanza, ma un piccolo incendio sul set rimanda tutto a un altro momento.

Lo sappiamo bene, l’inizio di un film è già il film medesimo. Ve lo possono dire tutti, dal più scalcagnato degli sceneggiatori a David Mamet. E pure, tirandosela, qualunque narratologo, parlando dell’intreccio di predestinazione (nelle prime pagine di un romanzo, nei primi minuti di un film) che poi si scioglie nella frase ermeneutica, ma è già tutto il film. Per De Palma questo è ancor più vero, i suoi incipit sono quasi sempre un modellino in miniatura del film che verrà dopo, insieme istruzioni per l’uso e cassetta degli attrezzi, fino al caso estremo di Snake Eyes (Omicidio in diretta, 1998), con il suo vorticoso e sfrenato piano sequenza d’avvio (tarocco, digitalmente nascosto nelle sue discontinuità) che copre un terzo della durata e tutto il resto del film è un’operazione di rewind/analisi dell’incipit per capire che non avevamo capito niente. O, meglio, che non possiamo credere a tutto ciò che vediamo.

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Omicidio a luci rosse

Peraltro, anche l’inizio di Body Double sta in una densa ragnatela di echi, ritorni, rifrazioni con altri incipit (ed excipit) di film del suo autore, soprattutto in quel momento a cavallo dei ’70 e degli ’80, dove De Palma tiene particolarmente fede alla fama di regista roso dal demone della cinefilia e bricoleur dell’opera hitchcockiana in particolare. Anche Blow Out (1981), infatti, si apriva su un film horror (uno slasher tra Venerdì 13 e Halloween in quel caso, con la soggettiva del maniaco assassino scatenato in un dormitorio femminile), ma in un altro momento del suo making of, quello della postproduzione, con l’esigenza di sostituire il grido improponibile di una vittima (nuda e sotto la doccia). Controfigurare l’urlo, doppiarlo, insomma, un voice double che sta subito accanto al body double (che, si sa, significa controfigura).

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Blow Out

E, d’altronde, Dressed to Kill (Vestito per uccidere, 1980) non iniziava con Angie Dickinson languida sotto la doccia, in una scena notoriamente controfigurata dalla sua body double (di fatto poi ricostruita nelle sue dinamiche nei titoli di coda di Body Double, sia pure riadattata al film nel film Vampire’s Kiss)? Come a dire che per De Palma, l’incipit è già tutto il film, anzi (potenzialmente) tutti i film.

Poi, certo, il making of del film nel film di Body Double funziona a meraviglia per mettere in guardia lo spettatore. Il falso inizio (di Vampire’s Kiss vedremo qualcosa di sguincio qua e là nel film, ce ne faremo un’idea, ma nulla più) è già una dichiarazione programmatica di gioiosa incoscienza da parte del regista di voler andare a mettere le mani nella poltiglia spregevole dei filmacci impresentabili, i vituperati body genres teorizzati da Linda Williams proprio allora, in particolare l’horror e il porno (quest’ultimo, poi, vero universo cinematografico parallelo alla Hollywood ufficiale che attrae Scully e il film oltre lo specchio, spoilerato appunto dal titolo italiano), un ginepraio dal quale uscirà a fatica, bastonato a destra e sinistra, da femministe inviperite e critici di buon gusto inorriditi.

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Omicidio a luci rosse

Insieme, però, insegna come guardare quel che seguirà, aiutato dalla palette cromatica splendidamente finto retrò di Stephen H. Burum e dalla colonna sonora syntho-pop-hermanniana di Pino Donaggio: Scully, piccolo attore con qualche ambizione (frustrata) ai margini del cinema hollywoodiano, ormai dirottato nei B-Movie di dubbio gusto (e poi nell’hard-core), vive in un mondo dove letteralmente non si può mai credere a quel che si vede. Subito dopo l’incipit sul set, infatti il titolo del film si palesa su un tipico paesaggio californiano, un deserto con rovi e cactus, che però è una quinta scenografica, un trompe l’oil ingannatore. E, proseguendo oltre, quando Jake (senza trucco, perfetto everyman) esce dagli studios e in macchina torna a casa, deciso a fare una sorpresa alla moglie, attraversa una Los Angeles che sembra proseguire la finzione del set, tra architetture cartoon e colori pastello, in un’atmosfera trasognata anche nello score romantico, fino a concedersi in un’inquadratura al volante vistosamente artefatta, su uno sfondo retroproiettato come si faceva appunto nei film hollywoodiani anni’ 50 e ’60.

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Omicidio a luci rosse

Magari proprio Vertigo (La donna che visse due volte, 1958) che è, appunto, l’Hitchcock evocato più chiaramente in Body Double, sfrenatamente mescolato con Rear Window (La finestra sul cortile, 1954), come si capirà procedendo nella visione. Ma, attenzione, Scully è un protagonista hitchcockiano, se non parodiato, certo degradato (e Wasson funziona come copia di serie B di James Stewart): laddove lo Scotty di Vertigo apriva il film quale protagonista di una tragedia foriera di sensi di colpa inestinguibili (durante un inseguimento di un criminale sui tetti, a causa della sua acrofobia, non riesce a salvare un altro poliziotto che precipita nel vuoto), il Jake di De Palma, più prosaicamente, non riesce a finire una scena del suo film perché colpito da claustrofobia. Non solo. Appena tornato a casa, scopre pure la moglie a letto con un altro: guidato da risate e sospiri sempre più inequivocabili, attraversa un dedalo di stanze come un labirinto e finisce per trovarsi faccia a faccia con lo sguardo di lei nell’estasi dell’amplesso adulterino, lo score di Donaggio a effetto come nell’epifania del vampiro sul set, al termine di una sequenza concitata nel montaggio e nei movimenti di macchina, quasi una parodia del thriller.

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Omicidio a luci rosse

Ma questo è solo l’inizio di Body Double, caro spettatore voyeur. Come recita ancora la locandina, Brian de Palma, “il gran maestro della moderna suspense, ti farà spettatore della più eccitante testimonianza di una seduzione, di un enigma, di un omicidio”. Basta solo che non credi a tutto quello che ti farà vedere (e tenga sempre presente il titolo, vero e proprio incipit dell’incipit).

Autore

Rocco Moccagatta

Studiava giurisprudenza, ma andava più spesso al cinema di quanto avrebbe dovuto. Dopo l'università, fa la cosa giusta e comincia a occuparsi davvero di film, persino professionalmente. Oggi lo insegna pure, il cinema, in IULM e in altre università del regno, soprattutto il cinema classico e il cinema dei generi popolari, la sua passione da sempre. Per campare guarda anche molta televisione, visto che lavora come scenarista e analista dei media presso la factory di media research Neopsis. Ha scritto e scrive da tante parti, da Duel/Duellanti a Marla, da Ottoemezzo a L'officiel Homme.

Il film

locandina Omicidio a luci rosse

Omicidio a luci rosse

Thriller - USA 1985 - durata 115’

Titolo originale: Body Double

Regia: Brian De Palma

Con Craig Wasson, Melanie Griffith, Gregg Henry, Deborah Shelton, Dennis Franz

in streaming: su Apple TV Rakuten TV Chili Microsoft Store