Non c’è bisogno di scomodare le antiche teorie della mimesis per accorgersi di come il piacere innescato, o il godimento frustrato, dal nuovo fenomeno seriale targato HBO The Last of Us sia tutta una questione di rappresentazione, adattamento e replicazione. Basta andare su Netflix, Il nostro pianeta, episodio 3, capitolo interamente dedicato alle Giungle. Qui, tra le migliaia di specie animali e vegetali che compongono la foresta pluviale, la calda voce del noto naturalista David Attenborough ci informa dell’esistenza di una classe di funghi parassita in grado di prendere il controllo di un insetto, governarne i movimenti come un burattinaio con la sua marionetta, per poi ucciderlo spuntando fuori dal suo corpo: il suo nome è Cordyceps, la stessa famiglia di funghi che scatena l’apocalisse pandemica nella serie di Craig Mazin (Chernobyl) e Neil Druckmann (ideatore del videogame) e che si fa involontaria metafora del rapporto tra la copia (The Last of Us serie) e il suo originale (The Last of Us videogame).

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The Last of Us (videogame)

Perché la copia, come il fungo, cresce sulle spoglie del suo modello e lo obbliga a prendere direzioni inattese, generando forme nuove le cui liceità, bellezza e interesse variano a seconda della prospettiva adottata. La riduzione per il piccolo schermo della storia di Joel e Ellie - lui, un meraviglioso Pedro Pascal, padre addolorato che ha assistito alla morte della figlia, e lei, Bella Ramsey, ragazza immune al virus, ultima speranza per un’umanità dilaniata - ha vissuto soprattutto di questo: dell’eccitamento provocato dal riconoscimento di un dettaglio o della rabbia causata da una divergenza narrativa, del confronto via split screen tra le cutscene del videogame e i corrispondenti segmenti narrativi della serie comparsi come funghi (ops) su TikTok, Instagram, YouTube e tutti i vari ospiti in cui la pandemia del visuale può continuare a diffondersi.

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The Last of Us (2023) scena

C’è quindi da chiedersi quale sia lo specifico cinematografico (o seriale, se siete tra chi preferisce fare degli stanchi distinguo) individuato da Mazin e Druckmann per far sì che il fungo parassitasse l’ospite e liberasse le sue spore verso un pubblico più ampio possibile, in un delicato gioco di equilibri a scrittura algoritmica che non scontentasse nessuno. In questo, la produzione sembra aver furbescamente rinunciato a giocare contro il suo originale nel campo dove temeva di poter perdere, quello dell’esperienza sensibile (gran parte delle fortune del videogioco, d’altronde, le faceva il gameplay), relegando gli infetti in secondo piano e preferendo rispondere a quell’ossessione tutta contemporanea della lore (la mitologia della storia) a ogni costo, della lacuna colmata, della razionalizzazione positivista degli elementi fantastici, concependosi più che altro come macchina della narrazione e non della percezione. Su questo terreno reazionario l’operazione The Last of Us cresce splendidamente e i numeri parlano per lei, ma nel suo candido funambolismo e nella sua algida perfezione, il fungo si mostra talvolta da sotto la scatola cranica. La morte dell’insetto può anche inorridire.

Autore

Pietro Lafiandra

La prima epifania cinematografica la ebbe a quattro anni con Pomi d’ottone e manici di scopa. La seconda in adolescenza con Cosmopolis. Ora, in età adulta, prova a trovare un’improbabile sintesi tra questi due lati di sé muovendosi faticosamente tra un dottorato in visual studies, deepfake, cinema horror, film d’animazione per bambini e musica elettronica. I componenti della sua band, Limonov, dicono che è colpa dell’ascolto compulsivo dei Radiohead. Gli amici che è colpa del suo segno zodiacale, i gemelli. I dottori della schizofrenia. Lui pensa sia più cool dire che è un intellettuale post-moderno. Ai posteri l’ardua sentenza.

La serie tv

locandina The Last of Us

The Last of Us

Drammatico - Canada 2023 - durata 59’

Titolo originale: The Last of Us

Con Pedro Pascal, Catherine O'Hara, John Hannah, Josh Brener, Bella Ramsey, Christine Hakim

in streaming: su Sky Go Now TV